"Apostasia"

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Achille Lorenzi
00domenica 14 ottobre 2007 14:55
Come è noto i TdG definsicono apostati tutti coloro che per qualsiasi motivo abbandonano il gruppo e ne esprimono apertamente le motivazioni. Gli "apostati" per i TdG sono i malvagi per eccellenza, persone che hanno rigettato non la loro fede in un'organizzazione, ma che si sono apertamente ribellati a Dio e alla Sua volontà. Non è infrequente nelle pubblicazioni e nei discorsi dei TdG un diretto accostamento fra Satana e gli "apostati".
Sulla bocca dei TdG e nella loro letteratura questo termine espirme quindi una condanna ed un giudizio estremamente negativi e certamente insultanti per chi è consapevole del significato che viene loro attribuito. Quello dei TdG non è un uso "neutro" del termine, per indicare semplicemente chi ha deciso di lasciare la loro organizzazione, perché ha maturato altre convinzioni o perché ha deciso magari di aderire coscienziosamente ad un'altra fede.
Gli "apostati" sono tutti, indistintamente, "cani ritornati al loro vomito e scrofe che dopo essere state lavate tornano a rotolarsi nel fango", secondo l'uso strumentale di un passo biblico citato dai TdG per riferirsi a queste persone..

E' interessante a questo proposito leggere la definizione di "apostasia" che si trova in wikipedia (e anche altrove):

Il termine apostasia (dal greco απο, apo, "lontano, distaccato", στασις, stasis, "restare") definisce l'abbandono formale della propria religione (in tale contesto si parlerà più propriamente di apostata della religione). In questo senso è irrilevante se a seguito di tale abbandono vi sia l'adesione a un'altra religione (conversione) oppure la scelta areligiosa o atea. In senso stretto, il termine è riferito alla rinuncia e alla critica della propria precedente religione. Una vecchia e più ristretta definizione di questo termine si riferiva ai cristiani battezzati che abbandonavano la loro fede.

Si definisce apostata colui o colei che pratica l'apostasia; è tuttavia raro il caso di ex-credenti che si autodefiniscano apostati, in quanto nella vulgata tale termine comporta una connotazione spregiativa; rispetto alla nuova religione è invalso l'uso del termine "convertito" laddove, per l'abbandono in generale della religione si usa "deconvertito": a entrambi i termini si tende a dare un significato positivo rispetto ad apostasia.

Molte religioni considerano l'apostasia un vizio, una degenerazione della virtù della pietà nel senso che quando viene a mancare la pietà, l'apostasia ne è la conseguenza; spesso l'apostata viene fatto bersaglio di condanne spirituali (ad esempio la scomunica) o materiali ed è rifuggito dai membri del suo precedente gruppo religioso.

Anche al di fuori dell'uso religioso apostata ha significato negativo con sinonimi: fedifrago, infedele, traditore, eretico.

Fonte: it.wikipedia.org/wiki/Apostasia

A proposito poi della condanna sprezzante e giudicante, bollata come apostasia (nel senso più negativo del termine), nei confornti di chi decide di cambiare idea, fede o religione, ecco ancora cosa si legge in questa enciclopedia:

Diritto internazionale
La Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani riconosce l'abbandono della propria religione come un diritto umano legalmente protetto dal Patto internazione sui diritti civili e politici poiché la libertà di avere o di adottare una religione o credo necessariamente implica la libertà di scegliere e il diritto di modificare il proprio credo o religione corrente con un altro o con un pensiero ateo.

L'articolo 18 della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo recita: Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.

Malgrado la carta dei diritti umani lo vieti in alcune nazioni l'apostasia è punita, talvolta è prevista anche la pena di morte.

«Il Comitato osserva che la libertà di avere o adottare una religione o credo implica necessariamente la libertà di scegliere una religione o un credo, incluso il diritto di rimpiazzare la propria attuale religione o credo con un'altra o di adottare una visione atea [...] L'Articolo 18.2 esclude la coercizione che danneggerebbe il diritto di avere o adottare una religione o un credo, incluso l'uso o la minaccia della forza fisica o delle sanzioni penali per costringere i credenti o i non-credenti ad aderire alle loro credenze religiose e congregazioni, ad abiurare la loro religione o credo o a convertirsi.»
(CCPR/C/21/Rev.1/Add.4, Commento generale Nr. 22., 1993).

Achille
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