«CHI DI VOI È SENZA PECCATO...» di Alberto Cantoni

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
vanni-merlin
00martedì 16 ottobre 2007 23:11
«CHI DI VOI È SENZA PECCATO...»



Un giovinetto, cui l’abito e le insegne di guardia marina aggiungevano splendore e bellezza, usciva tutto lieto e festante dalla propria casa posando il suo braccio su quello del padre, e la effusione espressa negli affrettati e vivaci loro discorsi era tanto grande, che gli astanti li avrebbero tolti prima per fratelli od amici che per padre e per figlio. Nello stesso tempo una donna ancor bella e seduta dietro alle persiane della medesima casa, donde erano esciti quei due, li seguiva entrambi dello guardo, e di lì ad un momento, quasichè non avesse potuto più reggere, usciva da sola in un dirottissimo scoppio di pianto. Eppure la vista di padre e figlio che si amino teneramente, è tale spettacolo che ci rallegra tutti, e più avrebbe dovuto rallegrare lei, lei che aveva aspetto di donna bennata, lei che era madre dell’uno e moglie dell’altro.

Racconteremo subito il più che potremo di quella piccola famiglia patrizia, e forse che il lettore profitterà della occasione per avvertire che il segreto, in certe cose, può salvare bensì gli innocenti, e non bastare punto alla donna colpevole, e che la giustizia non ha sempre mestieri della umana riprovazione per giungere al divino suo segno.

Alessandra De’ Bardi (così chiameremo la donna che non sortì certo, nascendo, nome di questo meno antico ed illustre) aveva sposato un giovine che per sangue e per eccellenza d’animo non era certo men nobile di lei, e che apparteneva ad una famiglia, la quale, malgrado la sua indomabile devozione alla fortuna della patria, non aveva egualmente smarrito la fortuna propria. Niuno adunque meritava più di lui la mano ed il parentado di Donna Alessandra, di lui che aveva già saputo così ben guadagnare la fede e l’amore dei suoi cittadini da vederli un giorno, con rarissimo esempio, unanimi tutti nell’affidargli il loro vecchio e glorioso Comune.

Questo fatto, per sè onorevolissimo, gli tolse di occuparsi quanto avrebbe voluto della donna sua, la quale, per l’alto luogo dove era posta la famiglia, dovette subito raccogliere a frequenti convegni la miglior parte della cittadinanza, e fare in casa quel che il marito, con altra veste, era pur costretto a fare in Palazzo.

I primi anni di matrimonio corsero assai veloci per la gentile madre della patria, che al vivace intendimento sapeva aggiungere la modestia del fare e la grazia del dire, e non fu che più tardi, quando cioè le si introdusse in casa uno di quei giovani che la natura, non si sa perchè, si affatica a ridurre troppo amabili e troppo scaltriti, non fu che allora, torniamo a dire, che principiarono i guai.

Costui, molto innanzi nell’amicizia del marito, non ebbe grande scrupolo di mettere gli occhi sopra la moglie, e ravvisata questa per diversa e maggiore delle altre donne, colle quali si era esperimentato, ne perdette la pace e fors’anco la speranza, ma ritrovò in cambio quella verità di passione che gli mancava dapprima, e che le donne amate sanno così presto e così ben riconoscere.

Ciò malgrado, la più cospicua parte del luogo si levò d’indi a poco a rumore per uno inopinato avvenimento. Il giovane si era trovata una nicchia in taluna delle nostre maggiori ambascerie, ed espatriava, probabilmente per non più ritornare. Alcuni, venuti un po’ a cognizione delle ultime sue gesta, lo dissero partito in traccia di men fiere gentildonne: altri credettero che egli non avesse potuto rimanere presente alla felicità di chi era posto fra lui e la donna che sola aveva amato sulla terra, ma nessuno fu mai tanto ardito da supporre che Alessandra fosse caduta e, molto meno, che avesse egualmente conservato così gran potere sul complice suo, da imporgli, per il pubblico onore del marito, una specie di esilio.

In qualunque guisa fossero andate le cose, e posto subito, come non dubbio, che un siffatto allontanamento si avesse a tenere in tutti i modi per una grande fortuna sua, certo è che Alessandra cominciò poco dopo a lottare in segreto con una grande mestizia, malgrado che nulla di spiacevole, nè in casa nè fuori fosse venuto a conturbarla apparentemente. Tutt’altro, anzi. Perchè essa aveva un bambino al petto che rassomigliava troppo a quelli di Correggio per non parere, come cosa viva, mille volte più bello; perchè aveva al fianco tal uomo, che nè il più degno nè il più affettuoso non avrebbe potuto immaginare, e perchè finalmente non vi era, come per lo innanzi, giovane dama della città, la quale non si volgesse per consiglio o per aiuto a quella Donna Sandrina, cui tutte riconoscevano «tanto buon cuore e così buona testa».

La peggio era che il buon cuore e la buona testa non bastavano certo a farle rifiorire l’aspetto, il quale mantenne anzi abbattuto per anni ed anni. Ma perchè non si lagnava mai, nè voleva accogliere nessun amichevole suggerimento di sentir medici o di cambiar aria, così il marito ed anche gli astanti convennero poco per volta nella dolorosa opinione che il suo fosse una specie di occulto languore, cui la molta fortezza dell’animo non bastava di certo a combattere.

— Sandrina è malata, — dissero tutti. — e così voglia provvederci Dio, come essa non vuole! —

E Dio parve provvedere, quale era appunto il vivissimo desiderio di ognuno. Fu parecchi anni dopo, allorchè il bambino, fatto ormai grandicello, principiò a dire, con meravigliosa insistenza, che voleva darsi ai viaggi e correre i mari.

Questa, per dire il vero, non sarebbe stata la via che il padre gli avrebbe additata più volentieri. Nulla meno, perchè era uomo coltissimo, e non ignorava a quali matti propositi fossero stati spinti parecchi giovanetti contrariati dai genitori nella medesima inclinazione, si guardò bene dall’avversare apertamente i disegni del figliuolo, fino a che, passato parecchio tempo, lo prese un giorno per mano e gli disse:

— Tu sai che portiamo, noi due soli al mondo, il nome di una famiglia, la quale per moltissimo tempo, non ha mai cessato di ricordare il suo debito verso la patria, e devi tu stesso desiderare che questa miglior parte della eredità nostra non accenni, per te, a venire in disuso. Io non sono qui sicuramente per dire che tu, correndo moltissime terre, non possa fare onore alla tua, quanto noi che lavoriamo per il suo bene dentro di essa. Ma per un solo viaggiatore, cui la scienza va debitrice di notevoli aiuti, sono troppi quelli che finiscono per cercare, nei viaggi, le inusitate piacevolezze e la febbrile, eppur vuota operosità del momento. Io ti esorto adunque ad entrare nella nostra armata navale, ed a mettere così d’accordo, per quanto è possibile, la tua particolare soddisfazione con l’obbligo, che hai, di servire il paese che ti ha visto nascere. Se poi, dopo un conveniente numero d’anni, crederai in coscienza di potergli essere più utile abbandonando il diretto servizio, e tu lo potrai fare. Sarà il partito d’un uomo, non di un ragazzo, e l’abitudine del mare e le acquistate cognizioni ti riusciranno utilissime. —

Il giovinetto accolse per obbedienza questo consiglio e si lasciò mettere in un collegio di marina, di dove appunto usciva uffiziale, allorchè lo presentammo al lettore. — Gran giorno quello per lui! Egli si preparava nientemeno che al suo primo viaggio transatlantico, ed era però venuto a congedarsi ad un tempo dalla famiglia e dai luoghi della fanciullezza.

Ma quella sua così tenace inclinazione verso la vita errante ed avventurosa era proprio stata dapprincipio naturale e spontanea?

No. Troppa gran parte di essa andava ascritta alla educazione, e la natura, in sulle prime, non aveva fatto altro che accettare, secondandoli, i semi gettati da Donna Alessandra.

La quale, a dire il vero, non poteva principiare più presto, nè mettere maggior diligenza nell’opera sua. Ricorreva, per esempio, la festa del suo bambino? Ed essa cercava con dei balocchi opportunamente scelti di condurre la sua attenzione sopra luoghi lontani, ovvero su quelle maniere di vivere che sono tra le men casalinghe e tranquille. Erano carovane d’Arabi, tribù di zingari, piccole vaporiere, piccole slitte, ed una infinità di modellini architettonici mescolati alla rinfusa, dove, a una capanna scozzese e ad una svizzera, tenevan dietro e piramidi e minareti e moschee, al punto che il bambino, infatuato delle spiegazioni udite, si mise un bel giorno a vuotare un salotto, e posto da un lato ciò che gli parve più conveniente delle cose sue, disse alla mamma che quello era il deserto, questa la Mecca, e che egli si preparava a pellegrinare con i suoi Arabi.

Passato il tempo dei giuochi, venne quello degli studii infantili, e madre e figlio erborarono insieme nei giardini e nei campi, ed insieme trascorsero le pagine istoriate che rendono, con evidenza di linee e di colori, i diversi aspetti della terra, e la infinita famiglia degli animali. Da ultimo, in luogo di temperare, come fanno molte madri, con pietosi racconti di fate o di folletti, la gran tendenza che hanno i bimbi verso il meraviglioso, Donna Alessandra, meglio avveduta, si pigliò spesso il figliuolo sulle ginocchia, e lo intrattenne, con effetto più salutare e con poetica eloquenza, di quelle vere maraviglie che per essere naturali, non accendono la men vergine infanzia. E però gli disse più volte dell’entusiasmo quasi religioso che invade ed inebria le forti anime, allorchè sentono la potenza del Creatore davanti a fragorose cascate, fra le rovine di città sepolte, sugli immacolati vertici d’un’alpe.

Il fanciullo escì in questa maniera dalla puerizia, e fu messo in mano ad alcuni eccellenti maestri, cui Donna Alessandra cedette subito il proprio posto, come quella che non avrebbe potuto durare più a lungo nelle sue istituzioni senza farsi scorgere dal marito e da tutti. Ma chi mai avrebbe potuto scrollar dalle basi una cotale educazione materna?

Di fatto, il ragazzo, colla mente rivolta ad un unico intento, non curò, degli studii, che gli opportuni a sostenere i suoi prospetti di moto continuo, ed i poveri maestri ebbero un bell’insistere stilla necessità delle forti discipline letterarie. Li fece trasecolare tutti con questo argomento:

— Che farmene? Il mio mondo classico s’impersona in Marco Polo, il romantico Liwingstone, e gli allori letterarii di questi illustri non sono certamente quelli che mi turbano i sonni. —

Per qual ragione Donna Alessandra aveva messo tanto studio nello spingere il suo nato fuori del nido, e perchè rompeva essa in quello strano suo pianto, vedendolo avviarsi col padre in cerca dei parenti e degli amici di casa?

La domanda è lunga, ma si può rispondere assai brevemente:

Gli è che Donna Alessandra soffriva molto nel vedere insieme il marito ed il figliuolo, e tanto più soffriva quanto più entrambi dimostravano di volersi bene.

Era castigo o gelosia materna? Questa sarebbe stata assai piccola e puerile, quello assai grande.




da: www.classicitaliani.it/

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 19:02.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com