"IL MESSAGGERO" INTERVISTA IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA MASTELLA: "SONO SOCRATICO"

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INES TABUSSO
00lunedì 24 luglio 2006 15:23

IL MESSAGGERO
24 Luglio 2006
Mastella: «Varo in tempi brevi Ripensare il reato di terrorismo»

di MASSIMO MARTINELLI

ROMA - La parola d’ordine è fare in fretta, anche per il ministro Guardasigilli Mastella. Magari entro la settimana che comincia oggi. E poi, subito dopo aver ”licenziato” il provvedimento di indulto, il Parlamento potrebbe occuparsi del reato di terrorismo internazionale. Per evitare in futuro che mentre la Cassazione bacchetta i fondamentalisti islamici che pensano ad un attentato, un giudice di Bologna ne scarceri diciotto, accusati di averne fatti, oltrechè pensati, contro i militari della forza multinazionale di pace in Afghanistan.
Ministro Mastella, da stamane si parla di indulto in Parlamento. Ha messaggi da lanciare?
« Per carità. Abbiamo lasciato fin dall’inizio l’iniziativa alle Camere ed è giusto che adesso vadano avanti loro».
Neanche una raccomandazione sui tempi? Magari potrebbero farcela in questa settimana .
« Mi auguro che accada in settimana, perché conoscendo le condizioni delle prigioni italiane, dopo averle girate in questo ultimo periodo, mi sono reso conto che il disagio della popolazione carceraria è davvero grande».
Questo disagio non lo patiranno i diciotto islamici accusati di terrorismo internazionale e scarcerati dal giudice di Bologna. Lei che ne pensa?
« Non voglio commentare, i livelli di giudizio sono tali e tanti per cui l’espressione da parte dei vari collegi giudicanti può essere diversa. Però nel momento in cui il terrorismo è diventato una minaccia seria, deve essere compito del legislatore indicare un concetto di terrorismo che non lasci spazio a libere interpretazioni».
Pensa che ci siano state libere interpretazioni della norma?
«Sono socratico. Fino a quando le leggi ci sono vanno rispettate, quindi ognuno può esprimersi secondo quello che ritiene logico da parte sua. Soprattutto in caso di leggi che possono apparire di controversa interpretazioni. Tocca al legislatore rideterminarne le norme in modo che siano trasparenti in filigrana, che possano essere lette allo stesso modo sia in un verso che nell’altro».




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IL MESSAGGERO
24 Luglio 2006
Indulto: poli divisi, maggioranza a rischio
Dopo Di Pietro, contro le norme “salva-Previti” anche i prodiani. E servono i due-terzi dei voti

di BARBARA JERKOV

ROMA - Il problema dell’Unione sono la Costituzione e Cesare Previti. Perché oggi la proposta di legge che punta a introdurre l’indulto esordisce nell’aula della Camera, e l’Italia dei valori ha già detto che il testo così com’è non intende votarlo. Per Antonio Di Pietro infatti è inaccettabile che gli sconti di pena si applichino anche ai reati di corruzione finanziaria e nella pubblica amministrazione. Inaccettabile a tal punto da aver già minacciato l’uscita dal governo oltre all’ostruzionismo in Parlamento. Il resto della maggioranza, però, è irremovibile: alla fine è prevalsa la linea di non toccare il testo così com’è stato licenziato dalla commissione Giustizia. E qui entrano in gioco la Costituzione e Previti.
Perché per approvare l’indulto, recita la Carta del ’48, serve una maggioranza parlamentare dei due terzi delle Camere. Vale a dire che all’Unione è indispensabile il sostegno dell’opposizione. Lega e An hanno già fatto sapere di essere contrari a provvedimenti di clemenza, anche se quello di cui si discute esclude i reati più gravi: mafia, terrorismo, pedofilia. Forza Italia e Udc, però, sono favorevoli. A condizione, per il partito di Silvio Berlusconi, che l’indulto si applichi anche a Previti, condannato in via definitiva e attualmente agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione in atti giudiziari.
Ecco perché il centrosinistra rifiuta di venire incontro alle richieste di Di Pietro: senza questi reati, come vorrebbe il ministro delle Infrastrutture, addio indulto e le carceri, come noto, sono in un’emergenza tale da non consentire, secondo i suoi alleati, altri rinvii.
Ieri però, giusto alla vigilia dell’esame parlamentare (domani è atteso il voto finale di Montecitorio), qualche crepa nell’Unione ha cominciato a intravedersi. Franco Monaco, prodiano della Margherita, ad esempio, annuncia di condividere le ragioni di Di Pietro ma, consapevole del problema Previti, avanza due proposte. «Prima», dice Monaco: «Si provi una mediazione più accettabile, la medesima del testo unificato Buemi-Pisapia della scorsa legislatura, ove l'indulto era di un solo anno per i reati contro la pubblica amministrazione. Seconda: l'Unione spieghi con chiarezza all'opinione pubblica come è maturato un compromesso, se è un compromesso, e le responsabilità di ciascuno dei contraenti». Un altro deputato della Margherita, Pierluigi Mantini, suggerisce di venire incontro all’Italia dei valori escludendo dai benefici almeno «alcuni reati finanziari tipici di bancopoli» e le pene accessorie.
«L'approvazione dell'indulto di tre anni è una scelta di civiltà», replica secco il sottosegretario verde Paolo Cento, «per questo risulta incomprensibile e inaccettabile il tentativo del ministro Di Pietro di far saltare l'approvazione di un provvedimento che peraltro era già previsto nel programma dell'Unione». Toni altrettanto duri da Mauro Fabris, capogruppo dell’Udeur, il partito del guardasigilli Clemente Mastella. «Tutti sappiamo che il provvedimento di clemenza richiede un consenso molto ampio», ricorda, «e tutti sappiamo che l'Unione non ha i numeri per farlo approvare da sola. Così come tutti sappiamo che alcuni partiti della Cdl subordinano il loro voto favorevole ad alcune condizioni. Se le accettiamo, il provvedimento con ogni probabilità passa. Se diciamo no, dobbiamo avere la consapevolezza di aver affossato - noi e non altri - l'atto di clemenza, con tutto quello che ne potrà conseguire. Ai nostri alleati, alla vigilia del voto parlamentare, chiediamo solo chiarezza e non ipocriti distinguo».




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