"La rabbia e l'orgoglio" - un racconto di Vampiri, i Secoli Bui

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Ultimo Grigiovento
00giovedì 9 ottobre 2003 19:23
Nota : Con questo racconto ho vinto un concorso su uno dei più importanti siti italiani dedicati sia al vampiro in generale che a questo grandioso gioco di ruolo.

Corro per la strada con il sangue che cola ancora dai miei artigli della bestia sguainati, libero e selvaggio come lo sono sempre stati i miei antenati fin dal tempo della prima città, vertice di una catena alimentare che ci ha posti al di sopra degli stessi vampiri. Noi siamo Gangrel, i predatori, ed io appartengo all’ultima evoluzione di questo sangue, a coloro che non hanno avuto paura di abbandonare i boschi quando i tempi hanno trasformato le città nel nuovo terreno di caccia. City Gangrel ci chiamano, predatori urbani dico io.
Quasi non tocco l’asfalto coi miei piedi quando corro, i membri del mio pack sono già fuggiti per altre direzioni prima che la polizia o qualche vampiro della Camarilla possa accorrere sul luogo del nostro assalto. Siamo corsi via gioendo per la nostra vittoria prima ancora che il corpo di quell’anziano Nosferatu di nome Bruno fosse diventato cenere.
Certo se qualcuno mi vedesse correre a questa velocità e con gli artigli sfoderati la Masquerade a cui quei bastardi camarillici tengono tanto avrebbe un duro colpo, e la cosa mi stuzzica ma non posso permettere che i cacciatori invadano in segreto la città dando la caccia anche a me ed agli altri pack.
Inizio la mutazione cellulare del mio corpo (mi hanno detto che si dice così) e nella mia mente formo l’abituale idea del pipistrello, mentre il mio corpo assume quella forma. La sensazione ormai la conosco bene, il mio corpo di rimpicciolisce ma quasi non me ne accorgo, ad un certo punto mi alzo in volo. Beccatemi adesso bastardi lecca-il-culo-agli-anziani.
Adesso stò volando verso il rifugio del mio pack, ed un senso di invincibilità scende su di me. Un’anziano è morto, c’è un manipolatore di meno nella Jyhad, ho compiuto il mio dovere di sabbatico, così come meno di un mese fa ho ucciso con sommo piacere quel maledetto Toreador infernalista facendo il mio dovere di cavaliere inquisitore, il ruolo che mi fu affidato tanti secoli fa da Gratiano de Veronesi.
Gratiano ....
il suo sogno ....

So già che mettere per iscritto queste cose sarà una cazzata, ma visto che molti neonati del Sabbat stanno mostrando sempre meno rispetto per i valori che secoli fa ci hanno fatto iniziare la nostra lotta forse è ora che qualcuno gli rinfreschi la memoria e, sapete com’è, io c’ero.
Correva il 14esimo secolo, non chiedetemi l’anno perché non lo so, non so nemmeno quando sono nato. Ero un contadino polacco che abitava coi suoi in un podere che ovviamente non era nostro. Mio padre pagava le tasse al padrone ... per il passaggio sul ponte, per camminare sulla strada feudale, per respirare ... e quando dovette partire per la guerra io e mia madre piangemmo per paura che lui non tornasse più.
Una banale malattia mi tolse i miei molto presto, non dovevo avere più di vent’anni ; curioso, non ricordo molto di quegli anni, non tanto come dovrei, ma ricordo bene la loro morte. Ero arrabbiato, ero furioso, il mio mondo era caduto, ma c’erano sempre le tasse a pagare al padrone, ed io rimasi sconvolto da come quel viscido figlio di puttana non fosse minimamente toccato da quella tragedia.
Lavorai da solo finchè potei, poi mi resi conto che per pagare i debiti che stavo contraendo con quella merda di feudatario sarei finito morto o peggio, schiavo più di quanto già non lo fossi. Così una notte seguì il richiamo per il vicino bosco, presi le poche cose che possedevo e scappai. Ricordo ancora il richiamo della vita selvaggia della foresta, è da molto che non lo sento più ma allora era ciò che provavo; nel bosco libero e ferale nessuno poteva nuocermi, perché gli animali sono migliori dell’uomo, non fosse altro che loro non li vedi scannarsi a vicenda per una sporca manciata di dischetti di metallo.
Là incontrai il mio sire; non fu un’abbraccio facile il mio perché fu dettato dalla voglia sua di alleviarsi la solitudine, oppure dalla necessità di avere un’altra persona che controllasse il suo vasto bosco. Mi prese mentre passeggiavo in pace con la natura nel bosco, mi placcò brutalmente, affondo i suoi canini sul mio collo e poi mi fece divenire cainita. No, Lucius non si preoccupò mai di darmi troppe spiegazioni : “Adesso sei un vampiro, niente altro devi sapere ; io sono il tuo sire, su di te ho diritto di vita e di morte”.
In realtà fu lui a far cadere in me gli ultimi barlumi di Umanità ed a iniziarmi al sentiero d’illuminazione della Bestia, fu lui ad insegnarmi che il vampiro null’altro è se non il vertici della catena dei predatori e che la bestia che sonnecchia all’interno di ognuno di noi e che si manifesta con la sete di sangue e violenza gratuita nota come frenesia vampirica è anche meno disposta a ribellarsi se le si dà un lungo guinzaglio che l’assecondi. Fu anche lui a mostrarmi i pericoli dell’avere a che fare con la nemesi della nostra condizione di vita vampirica, a cui noi Gangrel siamo straordinariamente vicini : i licantropi, o lupini. Mi spiegò, ed i fatti mi hanno sempre dato conferma, dell’amore di questi esseri per la vita selvaggia, per la natura incontaminata; noi Gangrel e loro avremmo anche potuto essere alleati se non fosse stato per l’odio che i lupini nutrono per noi da sempre, dall’epoca di Caino in persona essi non vogliono altro che la nostra distruzione e che fra tutti i vampiri la gente del nostro clan era la più dotata nel combattere contro di loro, forse a causa di millenni di sfide per i territori : i nostri artigli provocano ferite difficilmente assorbibili e curabili anche per i lupini ed uno dei poteri innati di noi Gangrel invece è proprio la maggiore resistenza alle ferite di queste creature, senza contare i nostri poteri sulle masse animali e la nostra capacità di mutare forma in pipistrello o lupo stesso.
Nel complesso non era un sire peggiore dei suoi pari, era un’anziano e come tale mi considerava un’oggetto di sua proprietà da usare senza ritengo; alla fine era solo il frutto di un determinato modo di pensare, anche se questa non è certo una scusa.
La mia non-vita passò senza novità di rilievo per non so quanto tempo, ma non dovevano essere passati troppi decenni da quando era diventato un vampiro che nel bosco polacco da cui ormai pensavo che non me ne sarei più andato arrivò la persona che avrebbe cambiato tutta la mia esistenza, ricordo quel momento come se fosse ieri e non come, nella realtà, se quasi 700 anni mi separassero da quella notte. Gli animali di guardia mi vennero a dire che un’estraneo era arrivato nel territorio ed io andai a controllare, se non era uno degli abituali taglialegna o boscaioli allora era una minaccia. Lo trovai che camminava tranquillo per un sentiero della foresta, indossava un’elegante vestito scuro che lo indicava come un cittadino, al fianco aveva una spada molto decorata che mi fece capire che non doveva essere povere; la sua pelle pallida ed il fatto che camminasse con quella flemma di notte mi fecero pensare che anche lui fosse un vampiro. Non avevo mai incontrato cainiti che non fossero del clan Gangrel, e pochi anche quelli, ma il mio sire Lucius mi aveva detto che avevano poteri diversi dai nostri ma comunque enormi e pericolosi. Diceva che non avrei avuto problemi ad uccidere un Toreador o uno Tzimisce che non fosse riuscito a trasformare il suo corpo con poteri simili ma diversi dai nostri, ma che dovevo guardarmi da vampiri guerrieri come i Brujah o gli Assamiti venuti dall’oriente per commettere il più orrido degli atti, la diableriè, il consumo del sangue di un’altro vampiro fino all’ultima goccia per assorbirne l’anima ed i poteri, un’atto che faceva tremare di paura anche il mio sire.
Sfoderai gli artigli e rimasi in guardia.
Non ho mai saputo come fece (anche se con tutto quello che ho visto in questi secoli non mi stupisco più dei poteri dei figli di Caino), ma quel vampiro cittadino guardò nel cespuglio dove ero sicuro di essermi nascosto alla perfezione, sorrise con quell’aria ironica e perennemente calma che avrei presto imparato a conoscere e mi disse con una voce calda ed amichevole : “Esci fuori di là, Gangrel, non intendo fare del male né a te né ai tuoi fratelli, desidero solo passare indisturbato”. A quel punto avrei potuto anche lasciare gli animali a guardia di quell’estraneo e farlo passare per il bosco, attaccandolo solo se si fosse dimostrato pericolo; spesso mi sono chiesto cosa sarebbe successo se lo avessi fatto, dove sarei adesso, se semplicemente sarei ancora a camminare in questo mondo.
Fatto stà che non lo lasciai andare così.
Uscì dal cespuglio e mi mostrai a lui.
E la mia non-vita venne cambiata per sempre.
All’inizio gli dissi che l’avrei condotto dal mio sire affinchè lui lo interrogasse e quel vampiro cittadino mi sorrise dicendo che davo troppa importanza al giudizio del vampiro che mi aveva reso tale; questa sua affermazione mi arrivò come un giramento di testa, perché era un’idea totalmente nuova e rivoluzionaria : cos’ero io se non un possesso, un’estensione del mio sire ? Mi vide evidentemente perplesso e mi chiese se fossi un Gangrel e se il mio sire fosse l’anziano che dominava su questo bosco, gli risposi di si e lui continuò a sorridere, ma che mi sbrani un lupino se quel sorriso non era diverso da tutti quelli che mi aveva elargito prima.
Il mio istinto predatorio a quel punto si risvegliò e gli chiesti chi fosse lui e a quale clan appartenesse, lui senza scomporsi di disse di chiamarsi Gratiano de Veronesi del clan Lasombra, venuto dall’Italia per raggiungere i Carpazi. Ora, io non avevo la minima idea di dove fosse l’Italia ma sapevo bene che i Carpazi erano molto più a sud, ed erano il regno dei vampiri più crudeli della terra, gli Tzimisce, e mi parve strano che una persona che doveva avere una cultura si fosse sbagliato strada così tanto. Inoltre sapevo anche ,da quello che il mio sire mi aveva detto, che i Lasombra erano il clan di cainiti più vicino alla chiesa di Roma, e per me la chiesa non era altro che una massa di pretacci che avevano reso più povera la mia famiglia con le decime.
Gli dissi che comunque Lucius avrebbe dovuto parlargli e lui non fece obiezioni a seguirmi, ma mentre camminavamo nel bosco lui si mise a chiacchierare con me, non vedendoci nulla di male acconsentì. Era tutta una tattica adesso me ne rendo conto, una tattica molto Lasombra debbo dire; subdola e calcolata. Mi iniziò a chiedere cosa avesse fatto il mio sire per me ed io pieno di orgoglio per Lucius dissi che mi aveva fatto dono dell’immortalità; lui annuì e mi chiesa cosa io facessi per il mio sire, ci pensai un po’ ed iniziai un’elenco alla spicciolata : cercava gli animali migliori da rendere ghoul, facevo il guardiano della foresta, mi occupavo di fargli nuove pellicce e di rendere sempre efficienti le sue armi, mi occupavo di tenere sott’occhio le attività del lupini. A quel punto Gratiano mi chiese di nuovo cosa facesse il mio sire per me ed io rispondendogli ancora che mi aveva dato il dono dell’immortalità mi accorsi che mi sembrava un po’ poco visto che sembrava che l’immortalità per me non fosse altro che una serie interminabile di servizi per Lucius.
Il Lasombra allora mi chiese se conoscessi per caso un’altro Gangrel che si trovava in un bosco più piccolo ad ovest, sapevo bene di chi si trattava, era anch’egli figlio di Lucius e fungeva da sentinella in quella macchia boscosa così vicino alle grandi città. Allora Gratiano mi disse di essere passato di là notti prima e di aver visto uno spettacolo che mi raccontò con una maestria che ancora oggi mi fa ricordare ogni parola : i cacciatori di streghe avevano teso un’agguato al mio sire mentre passava di là per ascoltare il rapporto di Lucius, c’era stato un combattimento a cui sia il mio sire sia l’altra sua progenie avevano partecipato, il mio “fratello” era sicuro della vittoria non fosse altro per la potenza di Lucius.
Ma Lucius non era rimasto.
Quando aveva visto che i cacciatori stavano combattendo con una marea di paletti di legno, torce infuocate e con persino qualche prete il cui santo tocco era la prova della nostra divina maledizione, allora era fuggito, lasciando suo figlio a saziare la sete di sangue vampirico dei cacciatori umani.
Rimasi di stucco a guardare la faccia adesso impassibile di Gratiano, gli chiesi con voce asciutta se scherzasse e lui asettico rispose di no, un no che rimbomba nei secoli fino ad adesso, che stò scrivendo queste parole al sicuro del mio rifugio sabbatico, il luogo dove quel no mi ha portato. Ero in preda al panico ed alla confusione, gli urlai di andarsene via e lui mi prese in parola, quando mi ero sufficentemente calmato mi accorsi che Gratiano se ne era andato.
Dovevo sapere, corsi da Lucius urlando, dovevo sapere ! Lo trovai nella grotta sul pavimento di terra che gli faceva da rifugio e lui parve molto scocciato dal vedermi, gli chiesi se era vera la storia di quel Lasombra e lui per tutta risposta mi domandò perché non lo avessi portato da lui. Io non feci altro che ripetere se quella storia era vera.
La sua risposta arrivò sotto forma di un’artigliata che mi squarciò dolorosamente parte del petto, facendomi cadere a terra.
Da lì guardavo Lucius e capì che si, era vero, col sangue che mi riempiva la bocca e mi rendeva difficile parlare gli chiesi se avrebbe fatto la stessa cosa anche a me se i cacciatori di streghe fossero giunti fin là : dovevo credere che il mio sire tenesse a me !
Ma lui no, lui no.
Mi disse che certo, sacrificarsi era il primo dovere di una progenie.
“E adesso torna al tuo lavoro”
........
“Si, sire”
Quel giorno mi addormentai i sognai la scena che Gratiano mi aveva descritto : fuoco, luce divina, spade che tranciano le carni e poi il dolore, il dolore di un tradimento troppo grande per poter essere perdonato .. mio fratello morto per salvare il mio sire.
Aprì gli occhi poco dopo il tramonto, sapevo che Lucius non si sarebbe risvegliato per un po’. Per la prima volta sentì in me scorrere più forti del sangue i sentimenti che avrebbero guidato la mia esistenza fino ad oggi, a quasi 7 secoli di distanza da allora. Sentì dentro di me la rabbia e l’orgoglio.
Mi mossi come un felino, presi un pezzo di legno appuntito, mi avvicinai al corpo di Lucius, assaporando gli ultimi secondi in cui non ero ancora un fuorilegge, un criminale del mondo vampirico. Sapevo che dovevo sbrigarmi perché se il mio sire si fosse svegliato non avrei avuto molto scampo. Gli appoggiai il paletto sul cuore e dissi la frase che rappresentava uno dei primi insegnamenti del sentiero della Bestia : “Il lupo forte prende il comando del branco dal lupo debole”.
E spinsi il paletto nel cuore del vampiro che mi aveva reso tale.
Non so per quanto tempo rimasi là a guardare Lucius, immobile invece di essere sveglio. Mi chiese se gli avessi tolto il paletto cosa sarebbe accaduto, se si fosse ricordato di ciò che era successo o se invece mi avrebbe aggredito fino a portarmi alla morte ultima per il mio atto. Ma in fondo neanche per un’attimo avevo pensato di lasciarlo così per sempre, eppure come potevo rischiare ? Ma allo stesso tempo come rischiare la mia non-vita, la mia immortalità ? Il sentiero della Bestia dice : “Il lupo non permette mai che la morale o la logica mettano a rischio la sua sopravvivenza”.
Era così, me ne sarei andato e che Lucius rimanesse là fino alla fine dei tempi. Ma mentre lasciavo per sempre quella caverna mi venne in mente un suono; strano come un semplice suono può cambiare per sempre una vita, no ? Era un suono che dovetti ascoltare bene per capire che proveniva da dentro la mia testa ed ancor di più dovetti aspettare per capire cosa quel suono fosse.
Poi capì.
Era il suono di un giovane vampiro del clan Gangrel, che nel momento della sua morte chiamava il suo sire.
Ma il suo sire non venne, non venne.
Eccole di nuovo ....
La rabbia e l’orgoglio.
Affondai i miei denti nel collo del mio sire immobilizzato; secondo voi può piangere un vampiro ? Io non lo so, ma so che piansi mentre succhiavo sangue, anima e poteri dal corpo di Lucius. Non so neanche se, pur paralizzato, egli era cosciente, ma vi giuro che io ancora oggi spero che fosse cosciente.
Mi senti lurido bastardo ? La tua anima adesso è mia ! I tuoi secoli sono miei ! Questa è la diableriè che tu tanto temevi ed è tuo figlio che la compie, non un’Assamita che viene dalle terre dove la gente prega Allah ! Le senti le urla dell’altro tuo figlio che hai mandato a morire ? Le senti bastardo ?
Lui credeva in te !
Bastardo !
Per i nostri padroni noi cosa siamo ? Siamo il prezzo da pagare per la loro immortalità ma vogliono che stiamo nel nostro bel già tracciato, se no per noi è a vista ! La nostra vita per loro vale meno del cadavere di un’uccello trascinato dal vento di una strada desolata.
Bastardi !
Dopo che il cadavere di Lucius scomparve nelle mie mani, dopo che il paletto che ormai bloccava il niente cadde a terra e dopo che sentì il potere del suo sangue anziano scorrere nelle mie vene e portarmi più vicino di un passo a Caino, allora lasciai quella caverna, lasciai quel bosco, lasciai la Polonia.
Per non tornare mai più.
Corsi per i sentieri libero e selvaggio, come i miei antenati avevano sempre fatto fin dal tempo della prima città.
Noi siamo Gangrel.
Allora mi chiesi dove potevo andare, dove un fuorilegge come me poteva trovare riparo per aver commesso un’atto così orrendo su uno dei suoi simili; poi capì, capì che dovevo rivedere quel sorriso beffardo, che accanto a quella persona non sarei più stato solo ed indifeso contro il male.
Corsi fuori dal bosco che per tanto tempo era stata la mia casa e corsi ancora per le praterie che lo circondavano, finchè non li ritrovai. Sedeva su un piccolo masso sul limitare di un sentiero, sembrava mi aspettasse e quando mi vide arrivare si alzò in piedi e sorrise, ed io mi sentì pervadere di una sensazione di piacere : avevo trovato un nuovo mentore una persona degna di essere servita e mi avrebbe trattato con rispetto, qualcuno che sarei stato orgoglioso di aiutare.
“Io sono Ian .... Ian Valek” dissi
Lui mi porse le sua mano, trattandomi come un suo pari, ed io mi riempì di gioia perché in quel momento capì di non essermi sbagliato. Strinsi quella mano prima che sparisse come un bel sogno all’alba ed ascoltai le sue parole.
“Credo che il viaggio fino nei Carpazi sarà lungo, vieni con me, se non hai niente di meglio da fare.”
Sorrideva ancora come solo lui sapeva fare, un sorriso che continua a seguirmi ancora adesso che lui non c’è più, adesso che la sua idea però è viva nei cuori di tutto il Sabbat, l’idea che mi fa andare avanti notte dopo notte nonostante il disprezzo, nonostante le difficoltà. L’idea che in meno di cinquant’anni avrebbe cambiato il mondo dei vampiri per sempre, un idea che era un sogno, un sogno che si realizzò quando lui firmò un documento chiamato Codice di Milano in cui fondava la Spada di Caino che avrebbe dato la libertà ai cainiti del mondo, ed io era presente all’inizio di quel viaggio.
Per questo quando ci raduniamo per le festività sabbatiche io ricordo sempre quel Lasombra, il cui semplice sogno di libertà cambio tante vite e le cambia tutt’oggi. In fondo chi è veramente grande se non chi riesce a far condividere il suo sogno a tante altre persone ? Per questo io, che adesso caccio nelle strade di città invece che nei boschi e che vesto di giubbotti di pelle invece di una pelliccia di animale, ancora adesso amo salire su di un palco ed urlare al cielo per farmi udire dal padre oscuro Caino e a Gratiano che siede alla sua destra un solo ed unico grido :
Gratiano scomparve in una notte di oltre 500 anni fa.
Gratiano vive.
Viva l’arcivescovo Gratiano da Verona.
Gratiano vive !

“Si può scegliere di
ignorare la propria tenebra
interiore e di cercare di
ricacciare i demoni noti
come paura, odio e rabbia
sempre più in fondo
all'anima; oppure si può
tentare di cavalcare la
tenebra interiore e di
usare la forza di questi
demoni senza fargli
prendere il controllo. E' il
dominio e la
consapevolezza sulla
nostra tenebra che ci
rende ciò che siamo"

(Gratiano de Veronesi, del clan Lasombra, ex anarchico, ex antitribù, fondatore del Sabbat, progenie di Luciano detto Lasombra, diablerizzatore di Luciano detto Lasombra, Arcivescovo della Mano Nera)
Ultimo Grigiovento
00mercoledì 15 ottobre 2003 12:18
Lasciate un commentino, please [SM=g27811]
Fhudo
00giovedì 16 ottobre 2003 03:11
Belle me pice na caifra[SM=g27811]
posset
00lunedì 20 ottobre 2003 15:50
bel racconto veramente ben scritto[SM=x116003] [SM=x116003] [SM=x116003]
Nagash -il nero-
00lunedì 17 novembre 2003 23:44
Visto che Ultimo domani posta il suo nuovo racconto su Vampiri io uppo questo e l'altro, così che chi non ha avuto modo di leggerli prima possa farlo ora e magari appassionarsi a questo gdr che ,secondo me, definire fantastico sarebbe riduttivo (vi assicuro, il nuovo racconto di Ultimo mette la pelle d'oca [SM=g27837] )
CHIVA IL CELTA
00lunedì 15 dicembre 2003 21:50
LO ATTENDO CON TRPIDAZIONE
Ultimo Grigiovento
00lunedì 15 dicembre 2003 23:13
E' già stato postato, vai a leggere "Il primo cavaliere e l'ultimo segreto" [SM=g27811]
Cmq questo racconto ti è piaciuto ?
Vilbrand
00mercoledì 17 dicembre 2003 11:56
Bellino.. un pò commovente, ma bellino...[SM=g27811]
De4thkiss
00venerdì 19 dicembre 2003 12:37
Ultimo... sono bellissimi i tuoi rakkonti...potrei avere un tuo indirizzo e-mail ke devo kiederti una kosa in PvT?
grazie!
mastrofalco
00sabato 17 gennaio 2004 18:31
Gangrel / Proteiforme / Orso
[SM=x115992] [SM=x115984]

Salute a Voi !!!

Una semplice RICHIESTA:
Qualcuno di voi potrebbe riuscire a propormi un adattamento
X la disciplina PROTEIFORME con caratteristiche legate
all'ORSO (Quella stupenda BESTIA... il SIGNORE dei BOSCHI !!!)
Invece che al "Solito" Lupo o ai Felini ?!?!?!

Attendo Notizie !!!
(Meglio se me le inviate via email !!!)

Epici, Metallici & Celtici Saluti
Da
Mastro Falco Mc Beoran da Valtelmount

Produzione artigianale di articoli in Cotta di Maglie di Ferro

348.9046959
valtel@tiscali.it

Kudrak
00domenica 18 gennaio 2004 12:38
Io vi faccio notare che questo NON è un forum su Vampiri, quindi per favore...

K il Moderatore
Ultimo Grigiovento
00venerdì 6 febbraio 2004 10:37
K ha ragione, mastrofalco ti manderò una mail con un'idea interessante su quel potere.
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