"NOI TRADITORI DI FALCONE? GRASSO CI OFFENDE"

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INES TABUSSO
00sabato 3 marzo 2007 19:29



CORRIERE DELLA SERA
3 marzo 2007
"NOI TRADITORI DI FALCONE? GRASSO CI OFFENDE"
di: GIOVANNI BIANCONI
a pag. 17

www.difesa.it/files/rassegnastampa/070303/DMTD9.pdf




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L' UNITA'
3 marzo 2007
ANTIMAFIA, LO SFOGO DI MESSINEO: ASSURDO CHIAMARE IN CAUSA FALCONE
di: SAVERIO LODATO
a pag. 10

www.difesa.it/files/rassegnastampa/070303/DMUW3.pdf




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CORRIERE DELLA SERA
1 marzo 2007
Grasso: a Palermo l' Antimafia torna indietro, tradito Falcone
Lo scontro dopo il rientro nel pool dei pm Lo Forte e Scarpinato
L' accusa del procuratore nazionale: la nuova organizzazione dell' ufficio «porta all' inevitabile frammentazione delle indagini»

Giovanni Bianconi

ROMA - L' accusa è esplicita, diretta, pesante dal punto di vista storico e quasi «morale» prima ancora che tecnico-giuridico: state tornando indietro di vent' anni, così si tradiscono l' insegnamento e i metodi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. L' accusatore è Piero Grasso, il procuratore nazionale antimafia. Gli accusati il procuratore di Palermo Francesco Messineo e la nuova organizzazione dell' ufficio nelle indagini su Cosa nostra: un provvedimento che entra in vigore oggi e che divide le competenze delle inchieste sugli uomini d' onore tra sette procuratori aggiunti, di cui quattro addetti ai mandamenti mafiosi della provincia palermitana. Contro la decisione di Messineo, Grasso ha scritto un parere fortemente negativo inviato al procuratore e al Consiglio superiore della magistratura. Dieci pagine che si aprono proprio col richiamo a Falcone e Borsellino. «La preoccupazione fondamentale che emerge dal provvedimento - scrive il magistrato - è che dalla sua attuazione possa derivare un' insuperabile frammentazione delle indagini. E' quindi con grande amarezza, soprattutto per chi come me ha vissuto quelle stagioni ormai lontane e che sembravano superate per sempre, riandare con la mente al contrasto Meli-Falcone e alle polemiche sulla parcellizzazione delle indagini». Il riferimento è alle dimissioni di Falcone dalle inchieste antimafia quando il consigliere istruttore Antonino Meli (nominato dal Csm proprio in alternativa a Falcone) distribuì i fascicoli al di fuori del pool che aveva istruito il maxi-processo, nonché allo sconcerto provocato da quella gestione. Era il 1988. Grasso ricorda la protesta di Paolo Borsellino che, scrive, «non senza ragione affermava: "fino a qualche mese fa tutto quello che riguardava Cosa nostra passava sulla scrivania di Falcone e su quella di altri tre o quattro giudici istruttori. Adesso la filosofia è un' altra: tutti si devono occupare di tutto... Adesso si tende a dividere la stessa inchiesta in tanti tronconi e così si perde inevitabilmente la visione del fenomeno"». Per il super-procuratore è quello che rischia di avvenire con la nuova organizzazione disegnata da Messineo, il quale ha fatto rientrare nella Direzione antimafia i procuratori aggiunti Lo Forte e Scarpinato esclusi all' epoca di Grasso. Un particolare che ha trasformato questa divergenza in un nuovo capitolo della disputa mai sopita tra i pubblici ministeri cosiddetti «caselliani» (perché più impegnati ai tempi della gestione Caselli, 1993-1999) e lo stesso Grasso che ha guidato la Procura palermitana dal ' 99 all' autunno 2005. Ora che il «suo» procuratore aggiunto di riferimento, Pignatone, viene ridimensionato con l' affiancamento di Lo Forte nelle inchieste sulle cosche cittadine e con l' affidamento a Scarpinato di un dipartimento dedicato alla «criminalità economico-mafiosa» competenti su tutto il distretto e all' altro aggiunto Giudici del dipartimento sugli appalti pubblici, Grasso denuncia: «Ben sei procuratori aggiunti su sette saranno competenti sul medesimo territorio della provincia di Palermo», provocando una «inevitabile frammentazione e parcellizzazione delle indagini, pur dando per scontata la buona volontà e il massimo impegno di tutti i magistrati interessati». Nel mirino del super-procuratore ci sono soprattutto le competenze di Scarpinato, che dovrà coordinare tutte le indagini «attinenti all' economia criminale, sotto il profilo oggettivo e/o soggettivo». Osserva Grasso: dato che «Cosa nostra esiste per arricchirsi, come dicono i collaboratori di giustizia, di fatto non esistono delitti di mafia privi di contenuto economici». Dalle estorsioni al traffico di droga, fino agli omicidi. Conseguenza: «La quasi totalità dei reati di mafia rientrerebbe nella competenza del dott. Scarpinato», e gli altri procuratori aggiunti «resterebbero praticamente disoccupati». Oppure dovrebbero dar vita a una «competenza concorrente» che Grasso prefigura così: «Per uno stesso procedimento i sostituti titolari debbono fare riferimento contemporaneamente a due procuratori aggiunti, quello "territoriale" e il dott. Scarpinato, ognuno dei quali, per il suo stesso ruolo, riceverà e trasmetterà informazioni di natura diversa e si farà portatore di esigenze diverse e non sempre facilmente conciliabili». Tutto questo «rischia seriamente di sacrificare in modo pesante il profilo dell' efficienza e del buon funzionamento dell' ufficio», avverte il procuratore nazionale antimafia. Il quale ha voluto «drammatizzare» il dissenso da Messineo col richiamo all' eredità di Falcone e Borsellino, ponendo le premesse per qualche replica e, forse, nuovi contrasti.





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