Birmania, oscurata internet. Militari divisi sul pugno duro

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vanni-merlin
00venerdì 28 settembre 2007 23:42
Spaccatura tra il capo della giunta e il suo vice sull'uso della forza
Soldati hanno deposto le armi e si sono inginocchiati davanti ai monaci

Birmania, oscurata internet. Militari divisi sul pugno duro

Secondo l'ambasciatore australiano il numero dei morti è molto più alto di quello ufficiale
In Italia al Cdm in molti hanno indossato qualcosa di rosso. Prodi: "Sdegno e cordoglio"




RANGOON - Un Paese oscurato. In Birmania la giunta militare ha tagliato i collegamenti ad internet. Continua durissima la repressione contro la protesta: ma secondo alcune fonti, all'interno dell'esercito si starebbero creando le prime fratture. Ieri alcuni soldati hanno deposto le armi e si sono inginocchiati in segno di rispetto davanti ai monaci. Ma nonostante le proteste della comunità internazionale, interi villaggi sarebbero stati distrutti; il numero dei morti sarebbe molto più alto di quello diffuso ufficialmente.

All'undicesimo giorno della protesta lanciata con determinazione dai monaci buddisti, la giunta di Rangoon ha bloccato il web (secondo un responsabile locale delle telecomunicazioni a causa di "un danno ad un cavo sottomarino"), per tentare di non far più trapelare all'estero le immagini delle violenze. E i gruppi editoriali privati hanno deciso di sospendere le pubblicazioni sostenendo che nella capitale è diventato impossibile assicurare la distribuzione dei giornali. Ma i blogger anche fuori dal paese continuano a far sapere al mondo cosa sta succedendo nel paese asiatico, facendo circolare filmati e foto della protesta e della repressione. Come Ko Htike, che da Londra lavora senza sosta al suo sito per non far calare il buio su quanto sta avvenendo in Birmania.

"Siamo isolati", è riuscito a dire all'Agi un cooperante italiano che per pochi minuti ha avuto a disposizione un computer con connessione satellitare in un ufficio dell'Onu nell'ex capitale, "il regime sta facendo pulizia di tutti i suoi nemici. Gli scontri in strada non si contano. I militari presidiano le zone nevralgiche della città e a ogni incrocio sono state posizionate mitragliatrici".

I monaci sono assediati. Il regime ha intensificato la repressione contro i sacerdoti buddhisti con arresti e pestaggi. Ma proprio la repressione contro i monaci avrebbe creato, stando a quanto riferisce 'Mizzima', sito internet dell'opposizione birmana in esilio, una spaccatura tra il capo della giunta militare, Than Shwe, e il suo vice, generale Maung Aye, che è contrario all'uso della forza contro i religiosi.

Khin Maung Win, vice direttore della radio Voce democratica della Birmania, che trasmette da Oslo, riferisce che alcuni soldati hanno deposto le armi e si sono inginocchiati in segno di rispetto davanti ai monaci ieri a Mandalay. Truppe si sono rifiutate di sparare almeno in un'altra occasione a Rangoon. La radio non ha potuto intanto confermare le voci secondo le quali familiari della leadership militare stanno cominciando a fuggire, verso Macao e Singapore.

E l'ambasciatore d'Australia in Birmania, Bob Davis, denuncia che il bilancio degli scontri di ieri è molto più grave dei quindici morti ammessi dal regime, stando a informazioni raccolte dai suoi collaboratori. "Il numero dei morti viene tenuto basso con un metodo molto semplice - dice un cooperante italiano -, si impone ai familiari di firmare, sotto minaccia delle armi, certificati di morte che recano cause naturali o incidenti stradali". Le vittime della repressione sarebbero molte di più, anche secondo il premier britannico Gordon Brown che, in una videoconferenza con il presidente degli Stati Uniti George W. Bush, ha sottolineato la necessità che "la comunità internazionale intensifichi i suoi sforzi" per costringere la giunta militare al potere nella ex Birmania a mettere fine alle violenze.

Secondo quanto riferito da 'Mizzima', aerei della base di Matehtilar si sono alzati oggi in volo, mentre reparti militari dal centro del Paese si sarebbero mossi in forze verso Rangoon, "non si sa se per unirsi alle unità schierate contro i manifestanti o per opporsi a questi". Anche la radio Eco di Mosca ha rilanciato indicazioni in questo senso.

Rangoon, dopo il coprifuoco notturno, oggi è stata per tutta la giornata sotto assedio: camion pieni di soldati a guardia delle vie centrali e della pagoda di Sule in particolare, riferiscono testimoni oculari che descrivono strade bloccate da filo spinato e dichiarano che la grande pagoda centrale di Shwedagon è rimasta inaccessibile per tutto il tempo. I militari hanno caricato i manifestanti usando lacrimogeni e manganelli e sparato in aria più volte, come ripetuti sono stati gli ultimatum urlati attraverso i megafoni per esortare la gente a ritirarsi.

"I monaci hanno fatto il loro lavoro. Adesso bisogna proseguire con il movimento", ha detto uno dei giovani leader studenteschi da Rangoon. "Questo è un movimento non violento", ha gridato mentre i dimostranti tentavano di avanzare verso la pagoda.

La protesta si è estesa anche a Mandalay, la seconda città del Paese: migliaia di giovani hanno guidato la protesta. I cortei, divisi su due strade, si sono poi dispersi quando i soldati hanno iniziato a sparare colpi di avvertimento e anche proiettili di gomma. L'esercito e la polizia hanno bloccato le vie che conducono ai monasteri della città per impedire ai bonzi di partecipare alle proteste e almeno quattro di loro sono stati arrestati e numerosi monasteri rastrellati.

A conferma della brutale repressione della giunta militare birmana giungono alcune foto satellitari che mostrano "la distruzione di interi villaggi nel Myanmar orientale" e il "trasferimento forzato (degli abitanti)". Lo sostiene l'associazione statunitense 'American Association for the Advancement of Science' (Aaas) che ha analizzato una serie di immagini ad alta risoluzione prese prima e dopo la diffusione delle prime notizie dalla Birmania.

Continua la mobilitazione della comunità internazionale. L'inviato speciale dell'Onu, Ibrahim Gambari, è già a Singapore, la Casa Bianca preme perchè possa incontrare la leader dell'opposizione e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Dopo la sua visita il Consiglio di sicurezza dell'Onu dovrebbe riunirsi di nuovo "formalmente" per decidere su eventuali misure.

La solidarietà al popolo birmano è arrivata anche dal Consiglio dei ministri italiano. Molti esponenti del governo, alle prese con il varo della finanziaria, si sono presentati a palazzo Chigi indossando qualcosa di rosso. Romano Prodi, in apertura di seduta, ha espresso "Profondo sdegno e cordoglio per i gravissimi fatti in Birmania".

Migliaia di persone in tutto il mondo sono scese in piazza con una maglietta, una sciarpa o un nastro rosso per dire basta alla violenza. Tanti i presidi, ma anche le preghiere, i minuti di silenzio e i gesti simbolici. Una catena partita ieri con un sms in inglese che ha fatto rapidamente il giro del mondo. Amnesty International ha organizzato manifestazioni in paesi di tre continenti: oggi sono scesi in piazza i cittadini di Gran Bretagna, Stati Uniti, Thailandia, Olanda, Sud Corea, Cina, Italia, Norvegia, Cile, Giappone, Filippine e Lussemburgo. Domani sarà la volta di Svizzera, Irlanda, Repubblica Ceca, Belgio, Spagna e Nepal.


(28 settembre 2007)


da: www.repubblica.it/2007/09/sezioni/esteri/birmania/birmania-28-settembre/birmania-28-settem...

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