FURBETTOPOLI: UN QUADRO D'INSIEME (EZIO MAURO)

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INES TABUSSO
00giovedì 15 dicembre 2005 17:02

LA REPUBBLICA
15 dicembre 2005
AFFARI E POTERE ALL´OMBRA DI BANKITALIA
EZIO MAURO

Ci sono due, tre cose di sistema da dire, nel momento in cui finisce all´inferno l´assalto al cielo che i "furbetti del quartierino" avevano tentato nella strana estate italiana del 2005.
Visti i personaggi, l´antropologia che disegnano nelle loro telefonate d´affari e di fratellanza, la curva breve della loro straordinaria avventura, ci si potrebbe fermare alla cronaca. Cronaca criminale italiana, girone di serie B, comunione e protezione. Ma gli affaristi, speculatori e profittatori di questa vicenda avevano un perno istituzionale come il Governatore della Banca d´Italia, hanno incontrato alleanze diffuse e sparpagliate strada facendo, e benevolenze inconcepibili su entrambe le sponde di una politica incapace di stare al suo posto. Il quartierino nascondeva dunque un progetto superbo, un piano di potere, un´ambizione di sovvertimento, un odore di P2, vent´anni dopo, insieme all´incenso costoso dei Legionari di Cristo. E´ di questo che bisogna parlare.
Come allora, "rubavano per comandare e comandavano per rubare". Scalavano senza i soldi, senza una biografia imprenditoriale o almeno finanziaria, senza la minima cultura del lavoro, senza un´idea del mondo della produzione. Rubavano prima di tutto per sé, se è vero che Fiorani si è intanto messo da parte 70 milioni di euro e ha finanziato senza garanzie prestiti-guadagni ai soci occulti. Rubavano ai morti sottraendo i soldi dai loro conti correnti, rubavano ai risparmiatori spalmando sui loro conti i debiti degli affari andati male. Rubavano per finanziare il "Partito" del Governatore, che abita in Parlamento dentro partiti diversi. E infine rubavano per finanziare "terzi" che nell´ombra compravano azioni fiancheggiatrici delle loro scalate, saltando così l´obbligo dell´Opa e ramificando ben oltre Lodi la ragnatela criminale.
La scalata come strumento di un sovvertimento di potere, di una sostituzione gerarchica, attraverso le banche e i giornali secondo la lezione piduista: prima l´Antonveneta, poi la fusione con la Bpi, quindi la Banca del Lavoro, infine la Rcs.

All´ombra di Bankitalia

Pensando magari poi a Mediobanca e Generali, visto che tutto era partito dalla conquista di Telecom, dimostrando che se Gnutti era arrivato fin lì, allora gli Hyksos - profanatori e saccheggiatori, abitanti delle sabbie - potevano puntare davvero alla conquista dell´impero, ricco e fragile insieme.
Oggi il tentativo di innalzare questo vitello d´oro nel cuore del capitalismo italiano, per rovesciarlo, sembra velleitario e anzi folle. Ma il punto sta proprio qui. In Italia tutto questo è stato davvero concepito, progettato, organizzato, finanziato e messo in campo. Se il disegno è stato rivelato e rovesciato è solo grazie all´intervento - ex post, com´è naturale - di un potere della Repubblica totalmente esterno al perimetro del mercato, della politica, dell´establishment finanziario, economico e industriale, com´è il potere giudiziario. Dentro quel perimetro, non si è mosso nulla, o ben poco. Il mercato e i suoi strumenti di garanzia, le istituzioni e i loro organismi di controllo, che potevano e dovevano intervenire mentre gli scalatori dispiegavano i loro metodi e mezzi impropri, hanno lasciato che Fiorani arrivasse alle porte del quinto gruppo bancario nazionale, che Ricucci spendesse 800 milioni di euro in una scalata apparentemente senza senso alla Rcs, senza che nessuno gli chiedesse da dove quei soldi erano piovuti sul suo studio odontotecnico. L´establishment attaccato, poi, non ha fatto nulla se non fingersi forte, rivelarsi spaventato, scoprirsi infine fortunato. O forse, semplicemente, l´establishment non ha fatto nulla perché in Italia non c´è, e al suo posto opera un network di alleanze diffidenti, necessitate e guardinghe.
Non tutti, in realtà, sono stati fermi. Qualcuno ha agito, ma contro i suoi doveri e gli obblighi del ruolo. Ciò che è avvenuto infatti è stato possibile perché il Governatore è venuto meno ai suoi compiti di vigilanza, ed è diventato parte di un progetto di potere, che puntava al sovvertimento della gerarchia economica costituita, ma non attraverso il mercato, bensì contro il mercato. Per un Governatore, un peccato capitale. Che lo ha messo al centro di un sistema di alleanze e di complicità tutte funzionali a questo disegno, con Bankitalia che si è trovata improvvisamente contro le grandi Banche del Nord, contro l´alleato storico Capitalia di Geronzi, contro l´Europa che l´accusa di mancanza di trasparenza, di insufficienza nella vigilanza, di abuso nella discrezionalità. Come se Fazio si fosse messo in testa di essere insieme Governatore e Cuccia, regolatore dall´esterno e dall´interno di un mercato dove però il nuovo dominus doveva essere il ragioniere di Lodi che al telefono lo baciava in fronte e copriva la famiglia di regali, come si fa con un cliente importante qualunque.
In questo quadro devastante, si è aggiunta la politica. In un Paese normale, la politica deve star fuori dal mercato, badando a fissare le regole, fare le riforme, far crescere il Paese. Ma il piano di scalata del Governatore attraverso Fiorani, Gnutti e Ricucci sembrava fatto apposta per portare alla luce la visione distorta del mercato che una parte della politica nasconde. Fallita l´idea di far scalare Bnl dagli immobiliaristi, l´"italianità" di Fazio ha puntato sull´Unipol di Consorte, mentre Fiorani attaccava l´Antonveneta e Ricucci la Rcs. Il progetto complessivo poteva dunque blandire insieme tentazioni berlusconiane e velleità diessine, stranamente unite da un sentimento simmetrico ma in fondo molto simile di estraneità e diffidenza per i cosiddetti "poteri forti", per il vecchio "salotto buono", per le famiglie e le tradizioni del capitalismo.
In Berlusconi, è la sensazione di non essere mai compiutamente accettato, nemmeno quando è l´uomo più ricco d´Italia e guida il Paese. Per i Ds, è paradossalmente la stessa cosa rovesciata, una sindrome minoritaria e una sorta di minorità culturale. Il Cavaliere, per temperamento e per mezzi, reagisce ogni volta innalzando la bandiera corsara, ed è facile capire perché abbia fatto sentire la sua benevolenza a Ricucci, Fazio, Gnutti e Fiorani. I Ds, per vizio e dannazione, reagiscono invece col tentativo di crearsi ogni volta un imprenditore su misura, un finanziere di fiducia, un capitalismo a loro immagine e somiglianza, senza capire che tutto ciò rivela soltanto e sempre un´eterna sudditanza e una vecchia difficoltà a capire e accettare il mercato. Anche qui, è facile comprendere perché la benevola copertura politica data alla scalata dell´Unipol di Consorte (che non a caso Fiorani considerava un alleato «particolarmente fidato») abbia portato il principale partito della sinistra a parlare sottovoce del Governatore e delle sue gesta per tutta l´estate: anche quando tacere appariva con ogni chiarezza un errore, che in politica quand´è ripetuto diventa facilmente una colpa.
La Margherita ha sfruttato per tutta l´estate l´afasia diessina tentando di proporsi come rappresentante privilegiato dell´establishment sotto attacco, come se da quel salotto (oltre che dalla Curia vaticana) dovesse ancora venire l´imprimatur e un reddito politico. A quel capitalismo assediato, a mio parere, va invece posta l´ultima domanda, che è quella decisiva. Se gli affaristi del quartierino hanno potuto pensare così in grande, non è perché il sistema è debole e il salotto polveroso, organizzato com´è sulla leva finanziaria minima e delicata delle scatole cinesi, dei patti obbligati, allargati e sospettosi? Ma soprattutto perché il potere capitalista (che certo esiste, eccome) non ha saputo crescere in responsabilità generale fino a diventare un establishment consapevole di sé, dei suoi diritti e dei suoi doveri, e soprattutto garante delle regole generali di sistema che pretende e a cui si sottomette per primo? Sapendo (come oggi sembra sapere finalmente Confindustria dopo anni di silenzio, e peggio) che sono quelle regole a definire il mercato e garantire i suoi protagonisti, oltre che i cittadini. Tutto questo è mancato, manca ancora e la fiammata estiva ha almeno l´utilità di averlo reso ben chiaro a tutti, salvo chi non vuol vedere.
Ecco perché il tentativo di prendere il Palazzo d´estate ha sconfitti sicuri, come Fazio e Fiorani, ma non ha un vincitore. Ed è facile prevedere, anche se è sgradevole dirlo, che se nulla cambia prima o poi gli Hyksos torneranno: magari armati meglio.
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