Gesti di protesta

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vanni-merlin
00domenica 14 ottobre 2007 12:30
Gesti di protesta

A Roma, alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna, una grande mostra celebra Emilio Vedova, protagonista dell'informale "gestuale", scomparso un anno fa, che nell'astrattismo ha tradotto il suo impegno politico


di LAURA LARCAN

ROMA - L'arte del gesto. All'inizio, in quell'Ottocento da belle èpoque, fu una pennellata breve, veloce, impulsiva, a fare la differenza. Fu quel movimento repentino del pennello sulla tela tradotto in un tratteggio, una "virgola", un tassello, un punto, un cardiopatico modo di registrare in diretta l'immediatezza della realtà. E la pittura non è stata più la stessa. Perché gradualmente quel guizzo istintivo è maturato in una plateale coreografia, è passato per la seconda guerra mondiale, per illusioni e speranze tradite, per impegno politico e una coscienza scossa dalla storia, per bombe atomiche e guerre fredde, per il Muro di Berlino e la crisi del comunismo, fino alla guerra dei Balcani, e ne è rimasto completamente trasfigurato. Ha perso l'ossessione di un confronto con la realtà, per varcare la soglia dell'informale, ha liquidato l'interlocutore figurativo per conquistare un'altra dimensione, quella della forza espressiva della "non forma", più liberatoria e viscerale, più disinibita e caustica. Il gesto è diventato "gestualismo" esistenziale, accanimento umano sulla tela sempre più monumentale dove riversare sfoghi e istinti, sogni e turbamenti, vizi e virtù. Un gesto, un fare arte come una teatralizzazione dei propri sentimenti, una performance pittorica. E' il famoso gesto che ha contraddistinto la produzione di Emilio Vedova, che oggi, a un anno dalla scomparsa, viene celebrato dalla Galleria Nazionale d'Arte Moderna con una grande retrospettiva dal titolo "Emilio Vedova. 1919-2006", dal 7 ottobre al 6 gennaio, che ripercorre tutta la produzione dell'artista veneziano, protagonista di spicco dell'informale europeo.

Nato nel 1919, Emilio Vedova ha subìto fin da giovanissimo il fascino dell'espressionismo tedesco di Kokoschka e del cubismo di Picasso, che ha filtrato attraverso il suo accanito impegno etico, morale e politico, che lo ha portato a formulare un'arte di protesta, fomentata dalla sua partecipazione in prima fila alla resistenza partigiana durante la seconda guerra mondiale.

Il suo percorso creativo, in stretta simbiosi con l'emotività di un animo sensibile, viene raccontata da questa bella mostra curata da Angelandreina Rorro e Alessandra Barbuto, che nasce dalla collaborazione con la Fondazione Emilio Vedova, da cui provengono la maggior parte delle opere.

Si rievocano gli esordi negli anni Trenta da autodidatta, che già segnano la temperatura di una vitalità e di un'attenzione, da buon veneziano, nei confronti dello spazio architettonico che lui sublimava con una visionarietà fantastica, come il famosissimo S. Moisè, ancora figurativo ma con un senso dello spazio, della luce, dei volumi che insegue Rembrandt e Tintoretto, così come tutta la grande tradizione veneziana da Tiziano a Guardi, soggiogato dal Barocco. Nell'assenza di contorni nitidi, le cupole e gli absidi che spuntano nei suoi disegni giovanili in mostra, sanno evocare spazi ampi con un senso del movimento.

Sarà proprio questa accentuazione del dinamismo dei corpi, sublimato dal gioco di linee sovrapposte, dai volumi semplificati per masse di colore che stimoleranno il processo di fusione tra figura e spazio che è l'embrione dell'astrazione per Vedova. Di spirito "antinovecentista", nell'immediato dopoguerra il suo astrattismo esplode, con una carica di violenza espressionista, condensato in gabbie geometriche giocate sul conflitto del bianco e del nero. Le cosiddette "geometrie nere", come le chiamerà l'artista: "quadri-supplizio, uomini dentro a tagliole giganti, motivi meccanici, ora prigioni: questo era diventato l'orgoglio della macchina e i postulati che l'avevano creata, la ragione, la geometria". Un anello che rievoca tutta l'esperienza umana e artistica della Nuova Secessione, poi Fronte Nuovo delle Arti, e la partecipazione, nel 1948, alla prima Biennale del dopoguerra, per poi convolare a un'evoluzione ritmica e sincopata del gestualismo pittorico, quello che diventerà la sua cifra stilistica. Negli anni Cinquanta, quando il gesto acquisisce una inedita spezzatura, il lavoro di Vedova procede per cicli tematici, il suo più originale lessico, come Sbarramento, Scontro di Situazioni e Immagine del Tempo, dove la geometria viene mutata in struttura-architettura che sostiene campiture più ampie di colore puro, di lontana ascendenza espressionista e fauve.

La mostra non dimentica, giustamente, il sodalizio di Vedova col compositore Luigi Nono, tradotto in collaborazioni per opere teatrali Intolleranza '60 (1961) e Prometeo (1984 ), quest'ultimo realizzato nell'ex chiesa di San Lazzaro a Venezia, frutto di una collaborazione a più mani che vede l'intervento sui testi di Massimo Cacciari e la realizzazione di una particolare struttura scenica ad arcipelago ideata da Renzo Piano, che sono raccontate con un repertorio di bozzetti. E si arriva ai "Plurimi", che rappresentano il momento di massima pienezza della ricerca di Vedova, dove l'artista "questa volta, è arrivato all'appuntamento qualche minuto prima: la sua era la pittura della protesta, ora è la pittura dell'impazienza. I plurimi non sono scultura né pittura ridotta all'oggetto: sono pittura strutturalmente nuova, condotta su molti piani, con molte eventualità di visione. Può esplodere, l'immagine, vicino o lontano, sopra la testa o sotto i piedi", diceva Argan. E per "plurimi" si procede nella mostra che documenta gli anni Settanta e Ottanta attraverso i cicli cosiddetti dei frammenti/schegge, carnevali e arbitrii, i cui esiti sono scomposizione o la frammentazione dell'immagine, l'esplosione simbolica del quadro, il gioco delle luci-colore a segnalare il sentimento dell'artista.

Su tutti spiccano i Plurimi binari articolati in cinque cicli, ciascuno composto da dieci pannelli in quattro inquadrature di acciaio, non altro che Lacerazione. Dopo i teleri, dal 1985, Vedova realizza i dischi, i tondi e gli oltre, opere che hanno in comune la forma circolare, dipinta su due lati nel primo caso, su uno solo nel secondo e inscritta in un quadrato nel terzo. Maturo motivo e limite di una sperimentazione, foggia nella quale giocare una nuova prova, per "veder se questa forma poteva essere prostrata, coinvolta in questa nostra lacerazione".

Ma la mostra romana diventa anche il coronamento di un antico progetto mai realizzato, quello fortemente auspicato dalla storica soprintendente della Gnam Palma Bucarelli che tanto stimava l'artista da acquisire nel 1956 Crocifissione contemporanea, opera appartenente al Ciclo della Protesta giudicata dalla critica di allora blasfema già nel nome, ma che invece portò la Bucarelli a scrivere: "Mi parve una delle migliori espressioni dell'arte drammaticamente intensa e umana di questo artista e che fosse opportuno assicurarla alle nostre raccolte".

Notizie utili - "Emilio Vedova. 1919-2006", dal 7 ottobre al 6 gennaio, Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Viale delle Belle Arti 131, Roma. Ingresso per disabili : via Gramsci 73. La mostra è curata da Angelandreina Rorro e Alessandra Barbuto.

Orari: martedì-domenica 8.30-19.30 (la biglietteria chiude alle 18.45), Chiuso lunedì

Ingresso: Intero 9 euro, ridotto 7 euro Ridotto

Informazioni: tel. 0632298221 - fax 06 3221579, www.gnam.arti.beniculturali.it.
Catalogo: Electa.


(10 ottobre 2007)


da: www.repubblica.it/2007/10/sezioni/arte/recensioni/emilio-vedova/emilio-vedova/emilio-ved...

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