INCERTEZZA FRA GLI EVASORI?NON SAPEVAMO CHE IL MANCATO RISPETTO DELLE REGOLE FOSSE FONTE DI CERTEZZE

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INES TABUSSO
00sabato 19 agosto 2006 21:44


"Uno strascico di polemiche ha accompagnato l'intervista del viceministro Visco al Corriere della Sera di ieri, in cui si promettevano controlli più serrati contro l'evasione fiscale.
L'incertezza.
Questa è l'accusa forse più sorprendente. Non sapevamo che il mancato rispetto delle regole fosse fonte di certezze. Non pensavamo di essere giunti fino a questo punto in Italia, capaci anche di rovesciare l'assioma che vige in tutti i Paesi industrializzati, dove il rispetto e la trasparenza delle regole è condizione fondamentale per offrire certezze a cittadini e imprese e permettere maggiore concorrenza, ad armi pari".




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LA STAMPA
19 agosto 2006
Il colore del sommerso
Tito Boeri


VICE sì, ma col botto. Uno strascico di polemiche ha accompagnato l'intervista del viceministro Visco al Corriere della Sera di ieri, in cui si promettevano controlli più serrati contro l'evasione fiscale. Molte le reazioni inconsulte e tanta, davvero tanta, confusione. Se non fosse che l'evasione fiscale è un fenomeno che, per definizione, sfugge alla rilevazione, alla misura, verrebbe quasi da pensare che si tratti di commenti volutamente disinformati. Tre le accuse più ricorrenti. Primo: si tratterebbe di una crociata indirizzata esclusivamente contro gli autonomi, già tartassati dalle misure del pacchetto Bersani. Secondo: sono misure destinate a bloccare sul nascere la fragile ripresa economica in atto, succhiando il sangue degli italiani (consiglierei peraltro a Calderoli di scegliere vampiri meno affascinanti di Dracula, ad esempio Nosferatu, cui associare il nome di Visco). Terzo: si tratta di provvedimenti che alimentano l'incertezza fra gli operatori economici. Vediamo queste infamanti accuse una per una.

E' vero che si tratta di una nuova crociata contro i lavoratori autonomi? Lo è in parte contro il reddito da lavoro autonomo, che sfugge più facilmente alle tasse del reddito da lavoro dipendente. Ma il reddito da lavoro autonomo non è necessariamente ottenuto da chi fa il lavoratore autonomo di mestiere. In Italia ci sono circa 3 milioni di lavoratori dipendenti che svolgono, come seconda o terza attività, un lavoro autonomo. Quindi è bene non confondere la fonte del reddito con il gruppo socio-economico che trae da questa la maggior parte delle proprie entrate. Inoltre, non è affatto limitata l'evasione fiscale e contributiva anche tra le file del lavoro alle dipendenze. Le stime parlano di circa un 10 per cento di reddito da lavoro dipendente che evade le tasse. Non lo è solo nel lavoro nero, un lavoro a bassa produttività, che in larga parte finirebbe comunque per cadere nella fascia di redditi esenti dalle imposte sui redditi (non dei contributi sociali!). Lo è anche nel grigio, in quei molti lavori i cui redditi sono dichiarati, ma solo in parte. E' un sommerso che non ha il colore del caffè, semmai quello del cappuccino, ma che è molto rilevante. Per vedere quante imprese e lavoratori dichiarano retribuzioni molto più basse per versare meno contributi (e pagare meno imposte sui redditi) basta confrontare i dati sulle giornate retribuite (sulla base dei quali si versano i contributi) con quelli sulle mensilità corrisposte. Del resto si stima che l'evasione fiscale raggiunga fino a un terzo del Pil, quando il reddito da lavoro autonomo nel suo complesso (dichiarato e non dichiarato) non supera un quinto dei redditi delle famiglie italiane. Quindi, anche volendo, non ci possono essere solo i lavoratori autonomi nel mirino. La realtà è che non sappiamo con precisione chi verrà colpito dalla lotta all'evasione. Se lo sapessimo, questi evasori sarebbero già stati identificati e «colpiti».

Possono i controlli bloccare la ripresa? Qui la confusione è fra andamento congiunturale della nostra economia, ciò che attiene ai prossimi due trimestri o al prossimo anno, e fenomeni di lungo periodo. I controlli promessi da Visco avranno effetti sensibili sul recupero di gettito presumibilmente nell'arco di un'intera legislatura. Ci vuole tempo per riformare l'anagrafe tributaria, riorganizzare il corpo ispettivo e migliorare l'efficacia delle azioni di controllo (ivi compresi gli studi di settore come strumento di accertamento) mentre il contenzioso tributario ha tempi molto lunghi. Ancora più tempo serve per cambiare in modo radicale il comportamento dei contribuenti convincendoli che non avranno nuovi condoni. Potrebbe esserci già stato un piccolo cambiamento nelle aspettative degli italiani legato all'insediamento del nuovo governo, con l'autotassazione di giugno-luglio. Ma questo possibile «effetto Visco» (peraltro molto contenuto) non ha certo impedito al secondo trimestre di segnare un'accelerazione della crescita.

Quindi niente paura per la ripresa della nostra economia. L'unico rischio è che il miglioramento dei conti pubblici distolga il governo dalle misure, indispensabili anche se politicamente costose, di taglio della spesa pubblica, volte a ridurre progressivamente la pressione fiscale. Ma questo è un altro problema. Infine, l'incertezza. Questa è l'accusa forse più sorprendente. Non sapevamo che il mancato rispetto delle regole fosse fonte di certezze. Non pensavamo di essere giunti fino a questo punto in Italia, capaci anche di rovesciare l'assioma che vige in tutti i Paesi industrializzati, dove il rispetto e la trasparenza delle regole è condizione fondamentale per offrire certezze a cittadini e imprese e permettere maggiore concorrenza, ad armi pari. Forse questa tesi si riferisce ai comportamenti collusivi legati all'evasione, al «se evadi tu, lo faccio anch'io» che sta al cuore del problema. L'ultima indagine sui bilanci delle famiglie di Banca d'Italia mostra, in effetti, che l'evasione fiscale in Italia si regge proprio sulla percezione che altri stanno evadendo le tasse. Gli intervistati dichiarano che una delle cause principali dell'evasione è proprio la percezione del fatto che altri contribuenti stanno evadendo le tasse oltre che la convinzione di avere di fronte un sistema di controlli e sanzioni inefficace. Sono queste le certezze che andiamo cercando? Vogliamo, una volta di più, darla vinta a quel 20 per cento di imprenditori che, manco fossero in regime di economia pianificata, dichiarano un valore aggiunto negativo, confessando in questo modo di ridurre la ricchezza nazionale? O forse non è il caso di rassicurare chi, soprattutto nelle regioni del Nord, ritiene che l'evasione fiscale sia una piaga sociale, un fenomeno molto grave?



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