IO VADO AL REGOLAMENTO

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INES TABUSSO
00giovedì 2 febbraio 2006 23:31
IL MANIFESTO
2 febbraio 2006
TELECRAZIA
Impar condicio è fatta
di Norma Rangeri

Impar condicio è fatta. Con un emendamento ad personam, la maggioranza della commissione parlamentare di vigilanza ha deciso che Silvio Berlusconi avrà (anche) l'ultima parola. Grazie alla strategica collocazione di una conferenza stampa alla vigilia del voto, sarà il presidente del consiglio a indicare agli elettori la via maestra dell'urna. Che per arrivare a questo bel risultato ci volesse pure un regolamento parlamentare è uno dei tanti paradossi della nostra telecrazia. Oltretutto nel momento culminante della decisione politica il centrosinistra si è fatto trovare a ranghi ridotti. Sui diciotto commissari ne erano presenti solo 10, e così i 17 esponenti del centrodestra hanno votato quello che hanno voluto.

La situazione è chiara e il leader di Forza Italia può stare tranquillo: in fondo si è sfogato come voleva e ancora di più, e ora, nel paese dei comunisti, avrà dalla sua anche un regolamento tutto sommato tagliato e cucito per lui. In teoria Berlusconi potrebbe alluvionare il video con tre "apparizioni" conclusive, decisive per reclutare gli ultimi incerti: come capo partito, come presidente del consiglio, come partner del faccia a faccia con Romano Prodi.

Tutto il resto è routine. I faccia a faccia, le conferenza stampa degli altri leader e la scelta di far arbitrare i duelli elettorali da un giornalista del servizio pubblico: in sostanza la conferma di quel che già conosciamo, di quella minima parità di trattamento che consente di limitare i danni di una costante prevalenza e dominanza del suo modello politico-mediatico. Di fronte al teleutente si apre la radiosa prospettiva di ritrovarsi con un bel terzetto di candidati-arbitro in pole-position: Bruno Vespa, fortemente sponsorizzato dal Cavaliere (ancora l'altra sera a Porta a Porta) ma con chance in ribasso considerando la sua veste di collaboratore esterno dell'azienda; la giornalista bon-bon Anna La Rosa (sarebbe l'apoteosi della linea dell'avanspettacolo tanto cara al premier); il direttore del Tg1, Clemente Mimun, talmente superpartes da aver occupato il posto di un epurato eccellente, Enzo Biagi Un trio di giornalisti che più equivicini (al grande capo) davvero non si potrebbe. E ora non si può che peggiorare visto che l'organizzazione del palinsesto elettorale passa nelle stanze del superlottizzato Cda di Viale Mazzini.

Unica nota positiva la decisione dell'Autorità delle Comunicazioni di stringere le briglie sulla deregulation di Mediaset obbligando l'azienda del mero proprietario a rispettare (pena sanzioni pecuniarie) le regole della parità di accesso e di una sostanziale par condicio tra i diversi competitori politici. Resta solo da vedere quanti soldi l'azienda di Cologno sarà disposta a spendere per pagare le contravvenzioni dei Fede, dei Rossella e di tutta la numerosa compagnia. Si può già scommettere che il prezzo, ancorché salato, sarà sempre quello giusto.
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