L'ultima discendente.

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scrittrice88
00giovedì 11 novembre 2004 18:30
questo è un piccolo racconto,cosa ne pensate?

L’ultima discendente.

Mi ero accorta subito che c’era qualcosa che non andava in quell’albero. Lì, su un’altura del parco, svettava come l’antico Albero del Male nell’Eden; e forse, in fondo in fondo, lo era.
Giravano storie e leggende su di esso e tutte, ancora oggi, mi stupiscono per la loro banalità anche se tutte avevano in comune una nota inquietante; quella che faceva più furore tra gli abitanti del villaggio, soprattutto le giovani donne romantiche, diceva che al suo interno viveva lo spirito di una giovane fanciulla che, dopo aver perso l’amore della sua vita, si era uccisa. Le vecchie comari usavano la storia dello spirito come favola da raccontare alle loro nipotine; una di queste era mia nonna che soleva raccontarmela ogni sera quando ero bambina,aggiungendo tutte le volte un particolare nuovo. L’unica cosa che non cambiava mai era il finale: la giovane fanciulla ritrovava nei cieli l’amore perduto e finalmente il suo spirito poteva avere pace.
Ma secondo me non era la verità.
Benché io, dopo essere cresciuta, non credessi più a quella favola, continuavo a pensare che forse quel finale era stato adattato per poterlo raccontare ai bambini. Era una stupidaggine pensare al finale di una vecchia favola quando al mondo esistono problemi molto più importanti, ma il tarlo del dubbio e della curiosità continuavano a rodermi l’animo e un giorno, non resistendo più, chiesi alla nonna informazioni. Dopotutto era quello che volevo, no? Notizie.
Così un giorno, mentre eravamo sedute sul dondolo del suo portico,mi decisi a parlare.
- Nonna, ma il finale della bella Miriam, sai, la favola che mi raccontavi quando ero piccola… E’ vero? Cioè, ci sono state delle modifiche nel corso degli anni?
Lei, in un primo momento, parve spaventarsi alle mie parole, poi emise un sospiro sconsolato e cominciò a parlare:
- Sapevo che un giorno l’avresti scoperto. Come hai fatto?- io feci spallucce,mormorando qualche parola incomprensibile. – Non importa. Prima di rivelarti tutto mi permetti di raccontarti un’altra volta questa storia? Mi piaceva molto quando da bambina mi ascoltavi con la bocca socchiusa, meravigliata che la tua nonna sapesse creare un mondo magico fatto apposta per te…- sembrò perdersi nei ricordi e io, come se avessi ancora sette anni, mi sedetti a gambe incrociate sul pavimento e misi la testa sulle ginocchia nodose della nonna. E la magia ebbe inizio.
- Molto tempo fa, in questo piccolo paese di montagna, viveva una fanciulla di nome Miriam. Era una giovane bellissima ma nessuno osava corteggiarla per paura di essere vittima di un incantesimo; infatti tutti credevano che ella fosse una strega, a causa dei suoi capelli neri come una notte senza luna e un nome pagano, scelto dalla madre forse solo per renderle la vita difficile. Ma lei era felice ugualmente perché aveva i suoi amici animali e non aveva tempo per i corteggiatori perché doveva curare la casa,dato che viveva sola. Un giorno,però,a notte fonda,qualcuno bussò alla sua porta e quando lei la aprì si ritrovò di fronte uno sconosciuto; era un viaggiatore che si era perso e chiedeva asilo per la notte; la giovane, intuendo che non le avrebbe fatto del male, accettò con gioia e scoprì di essersi innamorata di quel giovane dai capelli del colore del grano maturo. Il giorno dopo scoprì che lui era un giovane ufficiale della marina, e che sarebbe dovuto ripartire presto;partì, promettendo alla ragazza che sarebbe tornato presto per prenderla in moglie. Ma questo non accadde mai perché rimase ucciso durante l’abbordaggio da parte di una banda di pirati; quando Miriam venne a saperlo si lanciò dalla scogliera di fronte a casa sua,e lì nacque l’albero che oggi si pensa sia abitato dalla fanciulla. Nei cieli ritrovò il suo amore perduto e vissero insieme per l’eternità. Ma la vera storia, purtroppo, non fu così rosea per la ragazza:il giovane si trattenne per tre giorni e tre notti, il periodo di licenza, e quando lui partì scoprì di aspettare un figlio. Lo rivide tre mesi dopo e la gente del villaggio cominciava già a mormorare, la sua pancia cominciava già a ingrossarsi e lei non era sposata, fatto a quel tempo condannato ma non inesistente. Quando vide la sua folta capigliatura svettare tra la folla del mercato, rilucente sotto il sole di mezzogiorno, credette di svenire e il suo cuore mancò un battito, convinta di avere un’allucinazione. Ma poi il miraggio si volse verso di lei e suoi occhi incrociarono quei profondi laghi dai riflessi cristallini;ma invece di scorgervi amore, come lei aveva creduto, vi intravide solo freddezza e compassione. Gli si avvicinò, cercando di scoprire il perché del suo profondo cambiamento. E quello che vide la sconvolse oltre ogni limite; una ragazza era aggrappata al suo braccio e lo trattava con la familiarità di una fidanzata: era piccola, magra come un giunco, con scialbi capelli biondo-castano e degli acquosi occhi grigi. Ma era vestita con la sontuosità di una regina e il suo portamento avrebbe fatto impallidire di vergogna una gran dama; in quel momento la sua vocetta acuta la raggiunse portandole alla mente il rumore di un serpente a sonagli che aveva visto una volta nel bosco. Stava dicendo qualcosa a proposito dei soldi che avrebbe ricevuto in dote quando l’avrebbe sposata; non poteva, non riusciva a sopportarlo. Si diresse con passo esitante verso la coppia e, guardandolo negli occhi, chiese:
- Cristoforo, sei proprio tu?
Prima che potesse rispondere, però, intervenne Sofia, la gran dama al suo fianco:
- Chi è questa pezzente, caro? Cosa vuole da te?
E rivolgendosi a lei con asprezza e disgusto,disse:
- Togliti di torno, non vedi che andiamo di fretta? E leva le tue sudice mani dalla sua giacca!
Ma Miriam non le badò, intenta com’era a osservare il volto del suo amato.
- Non so chi tu sia.
Nessuna inflessione nella voce, nessuna traccia di emozioni di alcun genere in essa. Cinque semplici parole che fecero crollare il mondo addosso alla povera ragazza, che le fecero pensare che l’amore non esistesse. Calde lacrime le solcarono le guance mentre chiedeva disperata:
- Perché? Dicevi di amarmi! Mi avevi promesso che appena tornato mi avresti sposata! È per quello che ho acconsentito a… Aspetto tuo figlio!
- L’amore non esiste. La sua voce, dura e fredda come il ghiaccio, ebbe l’effetto di uno stiletto affondato senza pietà nel cuore straziato della ragazza. – Sposarti?- sghignazzò come se fosse una cosa divertente – Non si sposa una puttana, la si porta a letto. Il bambino potrebbe essere di un altro.
Miriam sentì il suo cuore sbriciolarsi sotto quelle calunnie dette proprio da chi credeva di amare.
Improvvisamente il suo dolore si trasformò in una rabbia cieca e sentì montare in sé un potere sconosciuto, inspiegabile. La sua voce, quando parlò, era irata, con un che di metallico.
- Oggi ti sei giocato la vita. Non vedrai i tuoi figli crescere perché non ne avrai più, e l’ultima tua discendente, tra esattamente 350 anni, morirà a causa mia!
Così detto sparì in una nuvola di fumo, nero come l’ala di un corvo, e nessuno la vide più. Quella stessa notte un fulmine colpì quella che era la sua casa e bruciò completamente; il fatto strano fu che dalle ceneri nacque un albero gigantesco, lo stesso che c’è ancora al parco.
Ecco, questa è la storia.
- Ma perché non me l’hai mai raccontata?- chiesi stupita- Sono quasi adulta e so badare a me stessa. E poi è solo una favola! Che male può farmi una maledizione inventata?
- Cara…so che sei adulta ma questa storia è veramente accaduta. Esattamente 350 anni fa. Tesoro, tu sei l’ultima discendente di Cristoforo e oggi, secondo la maledizione, tu dovresti morire. È per questo che ti ho raccontato la vicenda dei due ragazzi proprio oggi. Perché tu stia attenta.
- Sì, certo nonna, starò attenta. Le dissi cercando di convincerla. Una maledizione! Pensa davvero che si avvererà? Siamo nel xx secolo! Ma farò attenzione ugualmente. Dopotutto lo fa perché mi vuole molto bene. – Ciao, ci vediamo. Ti voglio bene, nonna!
Poi mi avviai verso casa ma a metà strada mi diressi verso il parco; la storia mi aveva reso, se possibile, ancora più curiosa.
Ora sono di fronte all’Albero Maledetto, così chiamato da tutti a causa delle sue foglie nere come il peccato. Ma… Che succede? È una cosa stranissima! Mi accorgo solo adesso che c’è una piccola conca nel tronco dell’albero, che mi attira inesorabilmente verso di sé, come una calamità. Sembra così comodo là dentro! Quasi a voler seguire i miei pensieri, la nicchia sembra farsi grande a sufficienza per accogliermi.
Mi siedo al suo interno ed è comodo, molto comodo… Faccio un grande sbadiglio… Ho così sonno! Ma c’è troppa luce! Ancora una volta l’albero esaudisce il mio desiderio e la luce si fa più soffusa. Vedo il parco svanire, mentre la corteccia chiude la nicchia come se fosse una finestra… No, devo andare!.. Ma sono così stanca… Tanto stanca..

Vennero organizzate squadre di ricerca quella sera stessa, quando la ragazza non tornò a casa.
Solo la nonna sembrò udire la sinistra risata permeare l’aria quella sera. Solo lei sembrò udire la voce della sua amata nipotina urlare di paura. Solo lei andò al parco ad osservare l’albero. Rimase ammutolita dal dolore quando lo vide. Foglie rosse, rosse come il sangue di quella ragazza che aveva ucciso a causa di un’antica maledizione. Con le lacrime che le rigavano le guance rugose, cominciò a pregare.






AUTRICE:
Locatelli Laura
Via Don D. Speranza n° 5
24040 Bonate Sotto ( Bg )

E-MAIL:
elena.boroni@libero.it

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