Le palle di Mozart

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gianniguelfi
00venerdì 30 giugno 2006 13:08
Era una gelida mattina invernale del 73 quando arrivammo alla stazione centrale di Praga, noi compagni italiani. Dieci in tutto, scelti tra i migliori classificati al corso di brogli elettorali alla scuola delle Frattocchie.

Erano anni in cui il Partito non poteva permettersi di pagarci il passaggio aereo (la maxitangente sulla Telekom Serbia era di là da venire), e cosi dovemmo sorbirci un lungo viaggio in treno. Traversata di Vienna inclusa, giacché il treno per Praga partiva da una stazione diversa da quella in cui eravamo giunti dall' Italia. Durante il trasferimento da una stazione all' altra avrei tanto voluto fermarmi per assaggiare la Sacher torte e acquistare una scatola di quei cioccolatini chiamati Mozart kugeln, palle di Mozart, ma concessioni al consumismo di marca capitalista non erano previste dal programma e il commissario politico che ci accompagnava fu irremovibile.

Dopo un breve riposino in albergo, via alla scoperta di Praga! Visitammo piazze e monumenti, ma il freddo era veramente pungente cosi quando finalmente arrivammo in piazza Venceslao, ov' era prevista la sosta per un pranzo frugale, alla bolscevica, ci assiepammo lesti presso uno dei tanti chioschi che vendevano salsicciotti caldi con senape e pane di segale. Due donnoni di mezz' età, davanti a un pentolone fumante, si occupavano dello smercio. Fui sbigottito nel vedere che mentre noi battevamo i denti dal freddo, le signore erano scollate e in maniche corte. Se alleva cittadini tanto forti e vigorosi, temprati agli inverni più rigidi, il comunismo è per davvero il miglior sistema politico al mondo!, ricordo di aver pensato. Osservandole mentre attendevo il mio turno, notai le braccia grosse come prosciutti, i giunonici seni, la sincronia con la quale una scoperchiava il pentolone e l' altra afferrava i wurstel. Lavoravano in silenzio, precise, inesorabili, senza un gesto di troppo. Ogni volta che il coperchio veniva alzato, una nuvola di vapore le sommergeva imperlandole di sudore fronte, seni, braccia. Quando finalmente arrivai in prima fila l' odore dei salsicciotti misto all' afrore acre emanante da quelle poppe sudaticce e grosse come cocomeri, mi stordi impedendomi di spiccicar parola. Ero ancora assorto a fissare una goccia scivolare lungo braccio ed avambraccio della donna per poi terminare la sua corsa nell' acqua bollente, quando mi ritrovai il piatto con la mia porzione sotto il naso.

Ricordo che quello fu il preciso istante in cui nacque in me la vocazione a sfamare i compagni, piuttosto che a far brogli al seggio elettorale. Per questo una volta tornato in Italia abbracciai la carriera del cuoco ai festival dell' Unità. Era stata la vista della professionalità di quelle valorose compagne a darmi l' idea.

gianniguelfi.ilcannocchiale.it

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