Riabilitare i fucilati della Grande grande

Gira60
00lunedì 15 marzo 2021 09:38
Dal giornale Dolomiti.

Approvata la risoluzione per riabilitare gli oltre 750 fucilati della Grande Guerra, che ora va al Senato. La sottosegretaria Pucciarelli: "Atto doveroso"
La Commissione Difesa del Senato ha approvato la risoluzione presentata nel 2018 per riabilitare storicamente i militari del Regio esercito vittime delle fucilazioni esemplari. Esulta la sottosegretaria Pucciarelli: "Atto necessario e doveroso". Ma qual è il senso di questa misura?


Di Davide Leveghi - 14 marzo 2021 - 18:12

TRENTO. “La Commissione Difesa del Senato, a conclusione dell'esame sulle prospettive della riabilitazione storica dei militari fucilati durante la Prima guerra mondiale, ha approvato all'unanimità la risoluzione su tale dossier di fondamentale importanza per le nostre Forze armate”. Esulta così, la senatrice leghista Stefania Pucciarelli.

La nuova sottosegretaria alla Difesa ha infatti comunicato l'importante approvazione da parte della Commissione alla difesa del Senato del disegno di legge presentato ancora nel 2018. Intitolato “Disposizioni per la riabilitazione storica degli appartenenti alle Forze armate italiane condannati alla fucilazione dai tribunali militari di guerra nel corso della Prima guerra mondiale”, il disegno di legge ha finalmente compiuto un passo decisivo verso l'arrivo in aula, dove verrà discusso.

La commissione, presieduta dall'ex ministra dem Roberta Pinotti ha dato così l'ok ad una misura immaginata inizialmente per il centenario della Grande Guerra ma poi “scivolata” in avanti. Nondimeno, la concomitanza di altri anniversari, come quello della traslazione del Milite Ignoto a Roma (1921), permette di sfruttare tale occasione per una riabilitazione a posteriori volta a fare giustizia.

“Ritengo che riabilitare i 750 militari italiani giustiziati tra il 1914 e il 1918, compresi i fucilati per l'esempio che erano stati condannati con un processo sommaria sia stato un atto necessario e doveroso, che restituisce l'onore a centinaia di vittime ed ai loro familiari – ha proseguito Pucciarelli – finalmente, dopo più di un secolo, siamo riusciti a riabilitare la memoria dei nostri soldati, condannati alla fucilazione da tribunali militari di guerra, senza garanzie, in un clima di paura, dove l'esempio da dare alle truppe era spesso la motivazione della condanna”.

Ma in cosa consiste in sostanza questa risoluzione? Firmata dai senatori Rojc, Bressa, Rauti, Corrado, Garavini, Cucca, Iori, Rampi, Taricco, Pittella, Fedeli e Laniece, e comunicata alla presidenza il 19 dicembre 2018, “promuove ogni iniziativa volta al recupero della memoria di tali caduti, in particolare ogni più ampia iniziativa di ricerca storia volta alla ricostruzione delle drammatiche vicende del Primo conflitto mondiale con speci­fico riferimento ai tragici episodi dei militari condannati alla pena capitale”.

In base al rifiuto della pena di morte da parte della Costituzione repubblicana, dispone inoltre che i nomi dei militari delle Forze armate italiane fucilati vengano “inseriti nell'Albo d'oro del Commissariato generale per le onoranze ai caduti”, oltre che ricordati in una targa sul Vittoriano di Roma e nei sacrari militari – che recita “Nella ricorrenza del centenario della Grande Guerra e nel ricordo perenne del sacrificio di un intero popolo, l'Italia onora la memoria dei propri figli in armi, vittime della crudele giustizia sommaria. Offre la testimonianza di solidarietà ai soldati caduti, ai loro familiari e alle popolazioni interessate, come atto di riparazione civile e umana”.

E ancora: apertura degli Archivi delle Forze armate dell'Arma dei carabinieri per “tutti gli atti, le relazioni e i rapporti legati alle operazioni belliche, alla gestione della disciplina militare nonché alla repressione degli atti di indisciplina o di diserzione, ove non già versati agli archivi di Stato” e promozione di lavori di studio e ricerca del Comitato tecnico-scientifico per la promozione d'iniziative di studio e ricerca sule tema del "fattore umano" nella Grande Guerra.

Quest'ultimo punto, in particolare, merita attenzione, considerando anche la varietà dello spettro politico alla base dell'iniziativa (dal Partito democratico al Movimento 5 stelle, da Liberi e uguali a Fratelli d'Italia). “Al fine di promuovere una memoria condivisa del popolo italiano sulla prima guerra mondiale, il Comitato tecnico-scientifico per la promozione d'iniziative di studio e ricerca sule tema del 'fattore umano' nella Grande Guerra, di cui al decreto del Ministero della difesa 16 ottobre 2014, promuove la pubblicazione dei propri lavori, in forme che assicurino la massima divulgazione”.

Fondato nel 2014 con lo scopo di promuovere “ogni iniziativa capace di alimentare una matura e rinnovata memoria condivisa delle passioni e delle sofferenze che segnarono la partecipazione alla prima guerra mondiale di milioni di uomini e donne appartenenti a tutte le componenti della comunità nazionale”, il Comitato finisce involontariamente per svelare le inesattezze e le contraddizioni stesse di questo tipo di iniziative.

Cos'è infatti la memoria condivisa? Cosa furono le fucilazioni sommarie e le decimazioni disposte dall'esercito di Cadorna (su cui tanto si discute rispetto alla toponomastica)? Quali e quante discontinuità ci furono tra quel Regio esercito e quello dei suoi successori? Storia e retorica sono mondi che si compenetrano quando le istituzioni usano il passato per legittimarsi. La costruzione di una memoria ufficiale, proprio per questo, finisce per compiere delle scelte che isolano degli episodi dal loro contesto, creando una narrazione incoerente con la complessità degli eventi e de-storicizzata.

Quale memoria condivisa si vuole creare sulla Grande Guerra riabilitando i militari ingiustamente fucilati? Quale memoria – considerando che la memoria condivisa per sua stessa definizione non esiste, essendo le memorie individuali o al massimo collettive, cioè di gruppi che condividono valori e vissuti – si vuole promuovere? Quali altre memorie rimangono escluse?

E ancora: come convive la memoria dei fucilati riabilitati con quella di una guerra d'aggressione, rispetto alla quale la popolazione è in grandissima parte contraria e in cui i soldati vennero mandati al macello in attacchi spesso inutili, per strappare qualche crozzo al nemico? Dove sta la memoria di tutti quelli che italiani lo furono solo dopo il 1918? Può essere “condivisa” la memoria se i vissuti degli uomini e delle donne di quei territori non hanno nulla a che spartire con il racconto delle istituzioni nazionali?

Le pieghe del passato, la sua complessità e la sua contradditorietà, difficilmente si conciliano con il desiderio della politica di appropriarsene. E quando questa lo fa, ecco emergere tutte le problematiche del caso.

Ricordo che tra gli oltre 100 firmatari della petizione nel 2014 ci fu anche la nostra associazione
centocaduti
00lunedì 15 marzo 2021 14:35
Volevo chiederti cosa ne pensavi, ma poi ho letto l'ultima riga . . .
Spero solo che non sia una "sanatoria".


polesano75
00martedì 16 marzo 2021 11:55
Vorrei esprimere, ancora una volta, la mia contrarietà a questa iniziativa.
Tra coloro che furono fucilati durante la Grande Guerra e che verranno riabilitati non ci sono solo soldati colpevoli del reato di diserzione, ma anche omicidi, spie, stupratori e saccheggiatori. Il Codice Militare dell'epoca, infatti, prevedeva la pena di morte per una lunga serie di reati, non solo per l diserzione (che tra l'altro era punita con la morte solo in presenza di particolari circostanze aggravanti).
Fare un paragone con quello che hanno fato altre Nazioni è improponibile, perchè in Inghilterra, per esempio, hanno un vero e proprio culto per i caduti e un vero interesse per la loro storia. Qui da noi invece i musei militari sono tutti chiusi, i sacrari cascano a pezzi e la Onorcaduti nemmeno risponde alla mail.
L'argomento Grande Guerra in pubblico è tabù: se te occupi sei un cretino, un guerrafondaio, un fascista....

Quindi qua, con al riabilitazione, si rischia di onorare i criminali e i vigliacchi e di dimenticare tutti gli altri.
mito65
00martedì 16 marzo 2021 21:10
Ribadisco anch'io le perplessità che espressi a suo tempo per la questione, che grosso modo sono quelle già esposte da Polesano. Più di tutto mi rincresce accomunare la memoria di chi è morto compiendo il proprio dovere a quella di chi è stato condannato dalle leggi che allora governavano la società, a volte per reati che con la guerra poco avevano a che fare. D'altra parte è anche ingiusto considerare alla stregua di delinquente un poveraccio vittima di giustizia sommaria, e alla fine fu proprio questo aspetto che mi fece considerare "meno peggio" l'avallo all'iniziativa.
E questa è una prova della pluralità di vedute in seno ad ASCeT: si discute e poi si decide, mai il contrario.
gambero56
00mercoledì 17 marzo 2021 19:42
sono d'accordo con le vostre osservazioni non si può fare sempre di tutta l'erba un fascio.
Gira60
00sabato 20 marzo 2021 17:12
L'errore di questa proposta, anche se vede cimeetrincee tra i firmatari, e mi sembra l'abbia ribadito anche un illustre storico come Isnenghi, è che le fucilazioni sommarie o dopo regolare ( più o meno) processo fanno ormai parte della storia e tali devono restare - tra l'altro le condanne dovrebbero essere verificate una a una, perchè qualcuna, come si è già detto può essere stata anche giustamente motivata sempre inquadrandola in quel particolare momento storico - ma secondo me questa richiesta di riabilitazione era un atto dovuto alla memoria dell'evento Grande Guerra, in quanto questi fucilati non vengono ricordati dalle istituzioni come lo sono gli altri soldati, e sappiamo che l'argomento brucia ancora alle forze armate, se dopo oltre cento anni non ne vogliono ancora parlare o lo fanno con molte remore. Io sono tra l'altro non certo tra i detrattori di Cadorna a prescindere, che ho sempre considerato al di là di tutte le questioni proponibili, un generale del suo tempo nè megliore nè peggiore, o se volete nè più umano nè più crudele dei suoi colleghi a qualsiasi esercito siano essi appartenuti , ma secondo il mio modesto parere è appunto il ricordare questi soldati alla stregua di tutti gli altri che è un atto dovuto. cosa che adesso non avviene, visto che in tanti anni si è cercato di stendere un velo pietoso ( più o meno) su questi episodi. Unico errore forse come già detto è stato quello di considerare tutti i fucilati alla stessa stregua. Ma è evidente che questa è stata la strada più breve per giungere ad una conclusione della proposta. Altrimenti ci sarebbe voluto qualcuno che si fosse preso la briga di consultare tutta la documentazione esistente e differenziare chi meritava o meno di essere riabilitato. Cosa improponibile per le nostre istituzioni che solo qualche "pazzo" di cimeetrincee potrebbe fare a livello di ricerca personale.
mantenzo
00lunedì 12 aprile 2021 14:42
Salve, qualcuno ha foto della brigata Cagliari, 34 reggimento Fanteria anni 1916 /1917?
mantenzo
00lunedì 12 aprile 2021 14:45
Scusate, ma sono nuovo e non so come mettere questa mia richiesta, tra quelle generali...
Kranebet
00mercoledì 14 aprile 2021 08:26
Concordo appieno con Daniele.
La Storia ha ormai "cristallizzato" quel periodo, quell'epopea, all'esatto momento in cui quegli avvenimenti si verificarono.
Tornare indietro, a oltre cent'anni di distanza, con la sensibilità dell'oggi, il vissuto odierno, la "dietrologia" fors'anche (esercizio mentale fin troppo facile, in verità) metterebbe sì a nudo tanto di ciò che fu ingiusto, illegittimo, aberrante, ma allo stesso tempo porrebbe in discussione tante cose. Forse troppe.
La Storia in quanto tale sa accettare - e accetta - questo. E' il prezzo della Storia. Dagli albori delle antiche civiltà ad oggi.
Certo ... non sono in grado di accettarlo i molti fucilati inutilmente, i loro parenti prossimi, gli attuali discendenti. Tutt'altro.
Rabbia e rancore, frustrazione e senso di ingiustizia. Troppi furono gli errori commessi.
Ma personalmente amo guardare tutti quegli uomini allo stesso modo. Come soldati. Con la loro abnegazione e il loro spirito di sacrificio, il loro coraggio e - perchè no - le loro debolezze.
gambero56
00mercoledì 14 aprile 2021 13:53
Ciao Alberto
Non ho capito bene il senso del tuo intervento. Tu saresti per una sanatoria trattando tutti i fucilati nello stesso modo? Non è vero che gli uomini sono tutti uguali, così come le colpe. Questo un sistema per accumunare vittime e carnefici. Mi sembra un modo sbrigativo per archiviare una situazione scottante. Ci sono state esecuzioni per omicidi e azioni orribili verso altri uomini militari e civili, per cui era prevista dalle leggi del tempo la pena di morte. Mettere tutti sullo stesso piano innocenti e colpevoli sarebbe un altro atto di infamia. Siamo alle solite, per sanare ingiustizie se ne compiono altre. Sarebbe sufficiente riabilitare coloro che sono stati puniti per colpe non commesse o per atti di scarso valore simbolico o atti di giustizia sommaria a scopo dimostrativo ed intimidatorio, come le decimazioni. Perchè allora non assolvere genericamente tutti i conannati a morte (Dio salvi Caino), ma non dimentichiamoci che fra questi ci sono anche quelli del processo di Norimberga.

Francesco
Kranebet
00giovedì 15 aprile 2021 10:04
Caro Francesco,
sapevo di toccare un nervo scoperto e di indurti ad una tua pronta reazione, che come sempre apprezzo per pacatezza e sintesi.

Il tema, in verità ammetto molto scottante ed attuale, è quello della riabilitazione dei soldati italiani fucilati dalla giustizia militare durante la Grande Guerra. Un tema che è tornato alla ribalta anche grazie all’approvazione, lo scorso marzo, di una risoluzione da parte della Commissione Difesa del Senato che apre un nuovo capitolo su questa triste vicenda.

La Commissione ha ritenuto di impegnare il Governo in alcuni atti formali che contribuiscano a riequilibrare la memoria di alcuni degli episodi più controversi avvenuti in tempo di guerra. Come sottolineato dall'attuale sottosegretario alla Difesa Pucciarelli, riabilitare i militari italiani giustiziati tra il 1914 e il 1918, compresi i fucilati che erano stati condannati con un processo sommario, rappresenta un atto necessario e doveroso, che restituisce l'onore a centinaia di vittime ed ai loro familiari. Così facendo – prosegue - finalmente, dopo poco più di un secolo, siamo riusciti a riabilitare la memoria dei nostri soldati, condannati alla fucilazione da tribunali militari di guerra, senza garanzie, in un clima di paura, dove l'esempio da dare alle truppe era spesso la motivazione della condanna.

La richiesta di riabilitazione è stata portata avanti a più riprese da alcuni storici ma soprattutto da (molti) rappresentanti politici, incoraggiati in verità anche da un lungo dibattito internazionale che in altri Paesi europei ha trovato un riscontro politico – ed esiti - più rapidi di quanto sia avvenuto fino ad ora in Italia.

Qualcosa di simile è già infatti avvenuto da anni, con atti tanto solenni quanto simbolici, in Paesi come la Francia, la Gran Bretagna, la Germania, Paesi che hanno una tradizione bellica più lunga e forse sentita della nostra. In Italia ad onor del vero è stata aggiunta un’interessante e originale iniziativa, quella di garantire la piena fruibilità degli archivi delle Forze Armate e dell'Arma dei Carabinieri sui documenti riguardanti la disciplina militare, così incoraggiando storici e ricercatori a sviluppare ricerche sui militari condannati alla pena capitale. Perché no, proprio per andare a fondo, studiare le casistiche, i singoli e variegati episodi in cui si consumarono le fucilazioni, e provare a riabilitare quegli sfortunati soldati.

Ecco. Qui sta il punto fondamentale. Fondamentale e dolente al tempo stesso: quello del provare a riabilitare. Magari a tutti i costi, in nome di quello che a tutti gli effetti ha i contorni e i tratti di un revisionismo storiografico.

Proprio per questo, in un bell’articolo del marzo scorso, è intervenuto Mario Isnenghi, probabilmente uno dei più eminenti e riconosciuti studiosi della Grande Guerra.

Questi alcuni dei passaggi con cui Isnenghi si pone di fronte al processo di riabilitazione: “E' la politica di oggi che si appropria del passato. La politica lo fa e lo utilizza per i propri scopi. Ma uno studioso di fronte a una risoluzione del genere non può che difendere i criteri metodologici. È una questione di metodo. Non può essere una maggioranza politica di un secolo dopo a decidere ciò che è giusto o ciò che è sbagliato. Politica e storiografia hanno prerogative diverse che non si possono sovrapporre”. La scelta di riabilitare una memoria, quella dei fucilati della Grande Guerra, “come atto di riparazione civile e umana” (si legge nella risoluzione della Commissione governativa), sarebbe dunque il tentativo di adattare il passato ai nostri valori, di piegarlo ai nostri desideri. In altri spazi e tempi si fa un atto simile per essere pietosi, promuovere la non violenza, e così via. Non metto in dubbio che in alcuni vi sia una motivazione morale, ma la pietas dello storico è altra cosa, perché il suo compito è di cercare di capire come siano andate le cose”.

E poi continua, con un passaggio incisivo su cui invito attentamente a riflettere: “La memoria condivisa è un crimine metodologico …. Non è la memoria, ma la storia a essere la stessa”.

Perché in fin dei conti continua – e qui il suo pensiero da puro “storico” si fa “storico-morale” – :“studiare il passato e non cercare di ingabbiarlo in giudizi morali avulsi dal loro contesto e utili soltanto a farci sentire a posto con la nostra coscienza è pertanto la soluzione. Anche perché la “memoria condivisa” finisce per essere una coperta troppo corta, che da qualunque parte venga tirata, finisce per lasciare qualcuno scoperto”.

Perché è proprio questo il punto dolente: una memoria così condivisa, così “politica”, senza un metodo che vada ad interfacciarsi con quello che era il realmente “sentito” di cent’anni fa, rischia seriamente di fare più danni che lasciare tutto così, cristallizzato al quel momento, perché la coperta comunque rimane troppo corta – qualunque cosa si dica, si dimostri, o si cerchi di dimostrare – e finisce per lasciare davvero spazi “scoperti”. Forse non solo singoli spazi circoscritti, ma intere praterie.

Il punto fondamentale che vuole significarci Isnenghi – e che personalmente condivido da un punto di vista metodologico e di rigida scienza (perché sì, in fin dei conti la Storia, quella vera, è una vera e propria scienza, fatta di metodo, disciplina e rigore) – è: può davvero una maggioranza politica – per quanto allargata, profondamente vicina al tema e mossa dalle migliori intenzioni - decidere cos'è giusto o sbagliato del passato? Perché a cento anni di distanza si vogliono riabilitare i fucilati della Grande Guerra?

Il problema è grosso, più di quanto ci possiamo aspettare. La politica (qualunque essa sia) e la storiografia hanno prerogative che non si possono sovrapporre. Giudicare oggi un momento così lontano nel tempo, come afferma Isnenghi, rappresenterebbe “un crimine metodologico e un abuso”.

Perché quella stessa coperta troppo corta andrebbe a coinvolgere un intero momento storico “generazionale”, portando ad esempio a conseguenze nella considerazione “istituzionale” e “pubblica” dello stesso Cadorna, il “grande colpevole” delle fucilazioni sommarie. Che neppure vero è, se andiamo a ben guardare cosa avvenne dopo l’avvento di Diaz. E poi si andrebbe ad altre conseguenze, ovverosia al dover necessariamente affrontare quelli che erano i Codici militari dell’epoca, i Tribunali militari che li applicavano con la loro percentuale di discrezionalità, persino le dottrine militari dell’epoca, e così via via … all’infinito …

La verità è che i politici e gli storici ragionano diversamente. Devono ragionare diversamente. E chi la Storia la studia sa che deve essere adottato un metodo uniforme e univoco. Che deve per forza passare attraverso quella che era la coscienza di allora: una coscienza civile, morale, sociale, militare. Lontana non solo cent’anni fa nel tempo, ma soprattutto anni luce dal nostro sentire e concepire dell’oggi.

E il rischio di ancor più confusione, di mancanza di un metodo certo da un punto di vista storiografico, in nome di una sorta di revisionismo a tutti i costi, rischierebbe di mettere in crisi e fors’anche di danneggiare in maniera irreversibile le stesse basi su cui si fonda il nostro modo di scrivere – e conoscere – la Storia.
polesano75
00giovedì 15 aprile 2021 11:30
Sentite, basta filosofia. Facciamo un discorso concreto:
avete mai sentito nominare Francesco Baramasco ? No, immagino.
Baramasco era un giovane carabiniere di 20 anni. Nella notte del 15 luglio 1917 tentò di fermare gli ammutinati (prego notare il termine, non erano disertori) della brigata Catanzaro che volevano raggiungere la casa di D'Annunzio per ammazzarlo. A Baramasco sfondarono il cranio con i calci dei fucili e morì il giorno dopo in ospedale.

Armando Ciofi, invece, era un capitano degli alpini. Nel 1916 doveva guidare la sua compagnia, la 109a del battaglione Monte Arvenis, contro le posizioni del monte Freikofel. L'idea non era sua, ma veniva dai suoi superiori. Alcuni alpini della compagnia incitarono gli altri a disobbedire all'ordine. Quattro di loro vennero condannati per "rivolta" (anche qua niente diserzione) dal tribunale militare e fucilati a Cercivento. Quando, qualche settimana dopo Ciofi morì in combattimento si disse che l'avevano ammazzato i suoi perchè così quel terrone (Ciofi era di Napoli) imparava a dare ordini stupidi. Non era vero niente, ma ancora oggi i ribelli (tutti friulani) sono visti in Friuli come degli eroi e il povero capitano come una vigliacca spia, mentre era semplicemente uno che aveva intenzione di eseguire un ordine, che di per sè non era più stupido di tanti altri.

Se la proposta di riabilitare TUTTI i fucilati passerà, sarà come ammazzare Baramasco e Ciofi un'altra volta.
gambero56
00giovedì 15 aprile 2021 12:10
Nei diari di guerra si leggono molti episodi sovrapponibili a quelli menzionati da Polesano, riportati con orrore da coloro che ne furono testimoni, culminati con condanna capitale che, in tali frangenti e momento storico, personalmente non trovo si possa definire ingiusta.
Alberto quanto riportato da Isneghi non mi sembra approvare la visione dei politici che riabilita a 360°, e proclama da una parte “Tutti peccatori” e dall'altra "Todos caballeros".

ciao

Francesco
mito65
00domenica 18 aprile 2021 11:46
Alberto, citando Isnenghi, fa giustamente notare quali siano i due livelli della questione, e la loro difficile conciliabilità, anche se è necessario che l'uno non escluda l'altro se si vuole veramente analizzare il fenomeno in maniera esauriente.

Io accetto che la politica dica che tutti i morti della GG lo sono stati a causa di un evento immane che li ha travolti, dentro il quale ogni regola del vivere civile è stata sovvertita e le persone possano aver agito seguendo istinti che in condizioni normali non avrebbero faticato a gestire meglio, o a reprimere del tutto. Questo punto di vista a mio parere non può essere tacciato di incompetenza o ignoranza storica; è solo la valutazione del fenomeno secondo criteri diversi, che possono essere sociologici o antropologici, anche. Dunque, concesse queste attenuanti che però solo oggi siamo in grado di comprendere e valutare, non è del tutto campata in aria la richiesta di una riabilitazione generale.

Del resto le azioni criminali rimangono, così come le leggi del tempo, e il giudizio storico non può non tenere conto della diversità del trattamento subito da chi venne condannato da un tribunale militare (ricordiamolo, del tutto legittimato a emettere qualsiasi sentenza) e chi invece fu vittima di giustizia sommaria. La storiografia, valutando i fatti, deve fare queste distinzioni, e dunque, basandosi su riscontri oggettivi, la riabilitazione di tutti i fucilati appare una generalizzazione ingiusta, addirittura offensiva verso chi morì facendo il proprio dovere.

Ribadisco il mio punto di vista, perché uno bisogna pur averne: così come è meglio un colpevole in libertà di un innocente in carcere, altrettanto è meno peggio la riabilitazione di un criminale che il marchio d'infamia su un fucilato per sorteggio.
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