Tifoso lancia petardo: Preso grazie al pubblico

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zeman!
00domenica 16 settembre 2007 20:12
Tifoso lancia petardo
Preso grazie al pubblico
Durante Juventus-Udinese un boato spaventa gli spettatori, che poi indicano agli steward il colpevole, che viene portato fuori dallo stadio

TORINO, 16 settembre 2007 - Scena inedita per gli stadi italiani: al 35' del primo tempo di Juventus-Udinese un tifoso bianconero ha lanciato un grosso petardo che ha spaventato gran parte del pubblico. Gli altri sostenitori hanno subito indicato il colpevole che è stato portato via dagli steward tra gli applausi della maggior parte degli spettatori dell'Olimpico. Cori polemici, invece, dalla curva della Juventus.
gasport

zeman!
00domenica 16 settembre 2007 20:20
l'unico coglione beccato a lanciare un petardo in serie A, è stato beccato grazie alla partecipazione dei tifosi, spinti,saturati dalle vessazioni che stanno subendo ogni volta che vanno alla stadio, per colpa degli imbecilli da stadio che fanno atti di teppismo.....

io mi chiedo:
le telecamere a cosa servono?
probabilmente per creare una sorta di privilegiati che guardano la partita al caldo in inverno e fresco d'estate....

le perquisizioni?
chi era adibito al controllo di quel settore?
visto che ha lavorato in modo inefficiente.....bisognarebbe che qualcuno un po' più in alto gli tintinnase un po' gli orecchi....


dabustoarsizioxlempoli
00domenica 16 settembre 2007 23:48
e quei deficienti della curva della juve che hanno disapprovato il gesto di denuncia degli altri tifosi?? [SM=g8050]
zeman!
00lunedì 17 settembre 2007 06:34
SUGLI SPALTI SUBITO IDENTIFICATO GRAZIE AL PUBBLICO
Lancia un petardo: i tifosi lo «denunciano»
— TORINO —
CHI L’AVREBBE mai detto che in uno stadio italiano potesse capitare una cosa del genere? Ebbene sì, contrariamente ai costumi italiani, all’Olimpico di Torino, è andato in scena un episodio di civiltà: un tifoso della Juventus, dopo aver lanciato un grosso petardo dalla tribuna laterale, che ha rischiato di far male a 3 persone a bordo campo, è stato prima identificato dai vicini e poi consegnato agli stewart, che hanno evitato che l’incosciente venisse linciato dalla folla. E’ appena passata la mezz’ora, la partita fra Juventus ed Udinese inizia a surriscaldarsi, Chiellini cade in area, Farina non concede il rigore e il giovane «bombarolo», Nicola Ravasio (nella foto Alive), forse indispettito per l’accaduto, decide di farsi giustizia da solo. Paola, una testimone oculare, seduta pochi metri dietro al ragazzo che ha tirato la bomba carta non riesce a crederci: «Sono abbonata da due anni, vengo allo stadio con mia figlia e stavamo guardando la partita tranquillamente. Ad un certo punto questo ragazzo, con la massima tranquillità, ha estratto dalla zaino un giornale arrotolato.

HA DATO fuoco con l’accendino ad un’estremità, poi lo ha gettato verso il campo. Ho sentito lo scoppio, la cosa incredibile è che il ragazzo è rimasto seduto come se nulla fosse». Subito dopo lo scoppio, la gente presente nella tribuna laterale ha iniziato a rumoreggiare, solo l’intervento della sicurezza ha evitato il peggio. Uno degli steward cerca di ricostruire l’accaduto: «Ho sentito il boato e ho visto il ragazzo pelato, forse un amico, andare incontro all’altro, urlandogli qualcosa come ‘ma sei coglione?’, poi gli ha rifilato due schiaffoni in faccia, l’altro è rimasto seduto e impietrito. La gente ha iniziato ad indicarlo, quando gli addetti alla sicurezza sono venuti a prenderlo il ragazzo pelato ha tentato di difenderlo, dicendo che non era stato lui. Anche una ragazza, forse la sua fidanzata, ha tentato di mettersi in mezzo, ha detto che non era stato lui, ma il ragazzo è stato visto da tutti quelli seduti accanto a lui». I tre sono stati consegnati dalla sicurezza della Juve ai carabinieri in servizio allo stadio, sono stati interrogati singolarmente nell’ufficio della questura interno allo stadio. Fortunatamente ci sono stati soltanto feriti lievi, i tre ragazzi vicini al luogo dove è scoppiata la bomba stanno bene e tutto si è risolto senza conseguenze.

fonte: la nazione
.
zeman!
00lunedì 17 settembre 2007 17:26
Ecuador: morto un bimbo nel derby di Guayaquill
"Clásico del astillero" di Guayaquil, il derby tra Barcelona ed Emelec, macchiato di sangue: Carlos Cedeño, piccolo tifoso del Barcellona di 11 anni, è morto a causa dell'esplosione di un petardo che gli ha causato una perforazione al polmone.
di Francesco Letizia
fonte: tuttomercatoweb

WEB RE1976
00lunedì 17 settembre 2007 18:59
Mio figlio non è un ultrà

- "Mio figlio non è un teppista". Parla Alessandro Ravasio, padre di Nicola, il tifoso della Juve che ieri è stato fatto arrestare dagli altri tifosi presenti in tribuna all'Olimpico di Torino dopo aver lanciato un petardo in campo al 34' del primo tempo di Juventus-Udinese. Il ragazzo, 27 anni, di Bagnatica, un paese in provincia di Bergamo, ha trascorso la notte in carcere a Torino ma soprattutto è diventato suo malgrado il simbolo della "rivoltà dei tifosi per bene" contro gli ultrà. "Ma Nicola non è un ultrà", è la difesa del padre. "Sta pagando per tutti, ma non ritengo che abbia fatto qualcosa di esagerato". Con il figlio non ha ancora parlato ("non l'ho sentito, ho sentito i suoi amici che erano con lui"), ma il signor Ravasio di una cosa è certo: "Non è un teppista, è un tifoso juventino, che va allo stadio ogni due o tre anni. Un tifoso come tanti, che lavora normalmente. Per questa partita ha cercato i biglietti di curva, non li ha trovati ed allora con alcuni amici è andato in tribuna".
"HO VISTO DI PEGGIO" - Da dove ha lanciato il petardo... "Un petardo di qualche centimetro, che si vende regolarmente nei negozi. Nicola però l'ha lanciato in un punto in cui non c'era gente, non voleva ferire nessuno.

Gazzetta
zeman!
00lunedì 17 settembre 2007 19:15
Re:
WEB RE1976, 17/09/2007 18.59:

Mio figlio non è un ultrà

- "Mio figlio non è un teppista". Parla Alessandro Ravasio, padre di Nicola, il tifoso della Juve che ieri è stato fatto arrestare dagli altri tifosi presenti in tribuna all'Olimpico di Torino dopo aver lanciato un petardo in campo al 34' del primo tempo di Juventus-Udinese. Il ragazzo, 27 anni, di Bagnatica, un paese in provincia di Bergamo, ha trascorso la notte in carcere a Torino ma soprattutto è diventato suo malgrado il simbolo della "rivoltà dei tifosi per bene" contro gli ultrà. "Ma Nicola non è un ultrà", è la difesa del padre. "Sta pagando per tutti, ma non ritengo che abbia fatto qualcosa di esagerato". Con il figlio non ha ancora parlato ("non l'ho sentito, ho sentito i suoi amici che erano con lui"), ma il signor Ravasio di una cosa è certo: "Non è un teppista, è un tifoso juventino, che va allo stadio ogni due o tre anni. Un tifoso come tanti, che lavora normalmente. Per questa partita ha cercato i biglietti di curva, non li ha trovati ed allora con alcuni amici è andato in tribuna".
"HO VISTO DI PEGGIO" - Da dove ha lanciato il petardo... "Un petardo di qualche centimetro, che si vende regolarmente nei negozi. Nicola però l'ha lanciato in un punto in cui non c'era gente, non voleva ferire nessuno.

Gazzetta




è permesso portare oggetti pirotecnici allo stadio?
no
è permesso lanciare oggetti pirotecnici allo stadio?
no
lo ha fatto?
si
e allora?
PAGHI e anche pesantemente, sia esso chirichetto, santo, imprenditore, benefattore, eccellente lavoratore....
ha sbagliato. punto
con la profonda speranza che becchino e condannino chiunque lancia roba in campo o in altri settori dello stadio...


WEB RE1976
00lunedì 17 settembre 2007 19:27
Era solo per puntalizzare che almeno in questo caso gli ultrà delle curve non c'entrano niente ........... anche se nei titoli di tutti i giornali si parla di ULTRA' FERMATO DALLA GENTE PERBENE MENTRE LANCIA BOMBA CARTA.

In questo caso come in quello del distinto signore a Bologna che in tribuna coperta lanciava seggiolini in campo è stata un pò esagerata la notizia e come al solito si parla sempre di ultrà violenti ........

Almeno quando non c'entrano che i mass media raccontino le notizie giuste e giustamente perseguire chi commette reati. Ma chi si sofferma solo sui titoli senza approfondire si porta dentro una notizia falsata nei suoi soggetti principali.

Ma uno di 27 anni che va alla partita una volta dopo tre anni che cazzo lo porta a fare un petardo allo stadio in tribuna specialmente di questi lumi ......... a volte usare il cervello serve e chi non l'ha non usi quello degli altri.
zeman!
00lunedì 17 settembre 2007 19:58
si ho capito web...
ma è inutile stare a pesare due parole di babbo o di un giornalista qualsiasi...si guardano i fatti...i fatti parlano...e sui fatti si condanna o si assolve....io condanno sempre
andare saltuariamente allo stadio non significa nulla, si può essere teppisti lo stesso....come si può vivere una partita da ultras o meno...
il paparino dice che ha visto di peggio? visto che ha la vista buona aiuti ad identificare qualcuno così manda un altro po' di teppisti a far compagnia al figlio....
zeman!
00martedì 18 settembre 2007 13:05
Lancio petardo, 1 anno di carcere
Patteggia con la condizionale, tre anni senza stadio

(ANSA) - TORINO, 18 SET - Ha patteggiato un anno con la condizionale e per tre anni non potra' assistere ad alcuna manifestazione sportiva Nicola Ravasio. Il ventisettenne bergamasco domenica scorsa ha lanciato un petardo allo stadio delle Alpi di Torino durante Juventus-Udinese. Il giovane e' comparso questa mattina in Tribunale e, in base al provvedimento del giudice, in occasione delle partite della Juventus dovra' presentarsi alla piu' vicina stazione dei carabinieri.

poco...ma meglio di niente...
Raf_78
00mercoledì 19 settembre 2007 00:34
Re:
zeman!, 16/09/2007 20.20:


le telecamere a cosa servono?



A dimostrare che il decreto Pisanu e varie estensioni sono l'avanguardia delle leggi in materia di violenza negli stadi. Le telecamere fanno solo da specchietto per le allodole e da paliativo come i tornelli ed i biglietti nominali...
Per esperienza personale, se non riesci a riconoscere chi ti ha aggredito fuori ad uno stadio, senza motivo ed in mezzo a tanta altra gente, e ti permetti di chiedere: "le telecamere erano a due metri, il filmato lo potete guardare", in questura ti ridono in faccia...
zeman!
00mercoledì 19 settembre 2007 20:21
Ieri il processo per direttissima, dopo il lancio del petardo all’Olimpico e l’arresto
« Sono colpevole»: un anno
Ravasio patteggia. L’avvocato: «Non è una pena lieve ma poteva finire peggio»
Il tifoso bergamasco: «Io non volevo fare del male a nessuno, infatti l’ho tirato in una zona dove non c’erano persone. Tutti stavano protestando per un torto subìto»


GIANNI LOVATO tuttosport
TORINO. Il lancio del petardo durante Juve-Udinese è costato a Nicola Ravasio un anno di condanna (con la condizionale). Tre dovranno passare prima che il tifoso juventino possa tornare ad assistere a uno spettacolo sportivo. E per i prossimi dodici mesi, in concomitanza di ogni partita dei bianconeri, Ravasio dovrà presentarsi a firmare presso il più vicino posto di poli­zia. Si chiude così la vicenda ini­ziata domenica pomeriggio e che, a suo modo, ha segnato un passo in avanti nella letteratura dei fattacci da stadio. La spon­tanea reazione del pubblico del­la tribuna e quella meditata di chi ieri mattina si è presentato a testimoniare, dimostra infatti la voglia di normalità di chi non vuole rinunciare al piacere di as­sistere a una partita dal vivo. Possibilmente rimanendo, vivo. Il processo era fissato per le ore 9 presso l’aula 59 del Tribunale di Torino. A quell’ora Ravasio si trovava ancora in cella alle Val­lette, in compenso era presente una discreta folla di protagonisti minori. Tra loro i genitori della bambina inquadrata dalle tele­camere di Sky mentre, con can­dore, indicava il colpevole. La mamma juventina, il padre tifo­so del Toro. Calcisticamente uni­ti dal rifiuto delle logiche di chi fa del calcio un pretesto per delin­quere, al punto di essere disposti a metterci la faccia e il nome nel processo. Non servirà, perché l’avvocato Emanuela Deorsola
e il pm Sabrina Noce concorde­ranno di patteggiare la pena, ren­dendo inutile il ricorso ai testi­moni. Rimane il gesto. E l’indi­gnazione: «Nostra figlia non si è spaventata tanto per il botto, quanto per tutto il parapiglia che ne è seguito. Ma noi ci chiedia­mo: cosa sarebbe successo se il petardo fosse caduto addosso al­le persone situate nella parte bassa della tribuna o se lo stesso avesse superato la recinzione?».
La risposta di Ravasio arriva indirettamente un paio d’ore più tardi, quando al giudice Sonia
Salvatori racconta: «Non volevo colpire nessuno, infatti il petardo l’ho lanciato in una zona dove non c’erano persone. L’ho fatto in un momento durante il quale tutti i tifosi protestavano per un torto subìto dalla Juve». Colpisce una frase che chiama in causa gli addetti ai controlli: «All’entrata lo avevo in tasca». ll processo per direttissima (a porte chiuse) fini­sce, escono i legali. L’avvocato Deorsola riferisce le parole del suo assistito, aggiungendo: «Ha spiegato anche di non essere mai stato allo stadio lo scorso anno. Non è un tifoso abituale, è un ra­gazzo normale che ha fatto una stupidaggine». Prima di telefo­nare ai genitori di Ravasio, rima­sti in attesa all’esterno del tribu­nale, Deorsola spiega anche i ter­mini del patteggiamento: «L’ag­gravante dei danni subìti da tre persone è bilanciata dalle atte­nuanti generiche, costituite dal buon comportamento processua­le e dal fatto che Ravasio abbia subito riconosciuto la propria col­pevolezza (ma un ispettore di Po­lizia ha raccontato di un iniziale tentativo di negare l’evidenza, ndr). Il che ha consentito di fis­sare la pena in 18 mesi, con ri­duzione di un terzo come previsto dal rito del patteggiamento. Il mio parere? Non è una pena lie­ve, ma nemmeno pesantissima. La definirei figlia di queste leggi emergenziali con le quali dobbia­mo confrontarci».



LO SFOGO CON I COMPAGNI DI CELLA
«Allo stadio non mi vedranno più»

TORINO. Due notti in cella, con l’appendice di un po­meriggio ad attendere che le porte del carcere si apris­sero. Le regole in vigore alle Vallette fissano infatti nel­le 20.30 l’ora in cui i detenuti che hanno scontato la pe­na possono tornarsene nelle rispettive case (per chi ce l’ha). Nicola Ravasio riparte da qui.
Al tifoso bianconero viene concesso il privilegio di usci­re nascosto in un’auto. Gesto di riguardo nei confronti di chi ha fatto una grossa stupidaggine e forse l’ha capito. Questo almeno traspare dalle parole di altri giovani che (dopo un’attesa più lunga) a loro volta escono a capo chi­no dalle Vallette. A piedi. La prima reazione, di fronte al­le domande dei cronisti è di fastidio: «Lasciateci stare». Poi si aprono, c’è chi chiede di poter fare una telefonata. Richiesta accolta, a quel punto accettano di raccontare i due giorni molto particolari di Ravasio: «E’ un bravo ra­gazzo, dentro lo pensavano tutti. E lui ha detto che allo stadio non andrà mai più». Avrà tre anni per pensarci, comunque. Ad attenderlo, lontano dalle telecamere, i ge­nitori. Il padre Alessandro nel pomeriggio aveva com­mentato, sollevato all’idea di potersi riportare a casa l’e­suberante rampollo: «Non si può non essere soddisfatti, visto il polverone che si è sollevato sulla vicenda. E’ fi­nita qui, Nicola ha fatto un errore e, per le cose dette in giro, si rischiava qualcosa in piu». Il figlio sostiene che allo stadio non andrà più, lui la pensa diversamente: «Non esageriamo, bisogna distinguere sempre il bene dal male. L’episodio di mio figlio non ha a che fare con il calcio. E’ stato un fatto negativo. Per noi, per tutti».
Anche la Curva Scirea, quella che aveva espresso il proprio dissenso domenica, inveendo contro i tifosi del­la tribuna, fa sentire la propria voce. Attraverso Fabio
Germani, responsabile dell’associazione Italia bianco­nera: «Si è capito chiaramente che si trattava di un ge­sto stupido, ma non premeditato: se lo fosse stato, non si sarebbe messo bene in vista nella tribuna. Se fosse successo in curva, nemmeno l’avrebbero fatto arrivare agli steward. L’avrebbero punito prima, perché da tem­po c’è l’ordine di non creare alcun disordine. Forse la gente non si è accorta che da quattro anni non si è più visto lanciare un petardo dalle curve bianconere, men­tre negli altri stadi si continua imperterriti. Questo at­teggiamento, cioè l’autolimitazione dei gesti violenti, è molto più educativo di una condanna esemplare ma esa­gerata».
G.L.

tuttosport


BOTTA E RISPOSTA TRA PM E DIFESA
«Per lui niente Champions, tanto non ci andate» «La vera condanna sarebbe dover vedere il Toro»
TORINO. Anche gli avvocati hanno un cuore, di­cono. Quello di Emanuela Deorsola, legale di Nicola Ravasio, probabilmente è bianconero. Mentre quello della sua controparte processua­le, il pm Sabrina Noce, avrebbe tinte granata. In un processo dove il calcio è co-protagonista non potevano mancare gli sfottò da bar stadio. Dife­sa e accusa si accordano, ma prima di entrare in aula danno vita a un bel siparietto di puro stam­po pallonaro.
A dare il fuoco alle polveri è il pm Noce, che spara la bordata: «Per Ravasio voglio anche il di­vieto ad assistere alle partite di Champions. Am­messo che ci andiate, ma non credo». L’avvocato Deorsola non si fa trovare spiazzata dall’offensi­va della pubblica accusa e replica pronta: «La pe­na peggiore sarebbe un’altra. Dover andare in curva Maratona per assistere alle partite del To­ro ». Interviene il legale di uno delle tre persone risultate ferite dallo scoppio: «Ma per chi ha l’ob­bligo di firma è previsto l’abbonamento a Sky? ». Risate di rito, per poi passare a quello serio e concordato del patteggiamento. E, limitandoci alla parte sportiva, Ravasio si prende tre anni senza calcio. Se con Champions o no toccherà a
Del Piero e compagni deciderlo.

G.L. tuttosport


LA LETTERA
Ma che incivili quei fischi ultrà

Caro Direttore, a Lei che è così attento a tutte le sfumature, non sarà certo sfuggita la reazione della curva Sud nel momento dell’arresto del ragazzo che ha but­tato il petardo in tribu­na, domenica scorsa, du­rante Juventus- Udine­se. Eppure sembra che la cosa non abbia fatto ef­fetto a nessuno: solo Tut­tosport
vi accenna e la li­quida con un « punti di vista » .
A me sembra invece un’enormità, la prova provata che se il lancio fosse avvenuto dalla cur­va, non avrebbe mai avu­to un autore. Perché i tifosi della curva si sa­rebbero ben guardati dal denunciarlo. E’ questo il tifo ultrà? Bella roba. Poi, quando si arriva agli eccessi ( Catania) si la­mentano dei provvedi­menti restrittivi: tornel­li, porte chiuse, ecc. An­che se poi vediamo che servono a ben poco.
Mi piacerebbe che Gigi Buffon, il quale durante le partite dimostra di avere un rapporto privi­legiato con la curva, si facesse spiegare da qual­cuno dei ” capi” le ragioni di quel dissenso ( siete un pubblico di .....) al gesto di civiltà dei tifosi della tribuna. Sarei veramen­te curiosa di conoscerle.

Lettera firmata
tuttosport



E’ stato condannato per direttissima il tifoso bianconero
Petardo allo stadio: un anno di carcere

TORINO - È durato pochi minuti il pro­cesso per direttissima al Tribunale di Torino del tifoso della Juventus che do­menica ha tirato in campo un petardo durante la partita contro l'Udinese allo stadio Olimpico. Nicola Ravasio ha pat­teggiato una pena di un anno di carce­re con la condizionale, pena che non sconterà perché incensurato. Il giudice ha anche deciso per il 27enne il divieto di prendere parte ad eventi sportivi per tre anni, in cui avrà l'obbligo di firma in questura in occasione di ogni match.

« Non voleva assolutamente arrecare danno a nessuno - ha commentato il suo le­gale, Manuela Deorso­la - Il petardo è stato lanciato in un posto dove non c'erano per­sone, anche se qualcu­no ha riportato lievi danni acustici » . Sul­l'entità della pena, la Deorsola ha così commentato: «Non è lievissima, ma nemmeno pesantissi­ma » .
Intorno all'ora di cena di ieri, Ravasio è stato rimesso in libertà ed è tornato a casa sua, a Bagnatica.

«Non possiamo non essere soddisfatti, visto il polverone che si è sollevato sul­la vicenda - ha invece commentato il papà del ragazzo, Alessandro Ravasio ­
È finita qui: spero si sia scritta davve­ro l'ultima parola. Nicola ha commesso un errore e la cosa naturalmente gli ri­marrà dentro. In ogni caso, per quanto si era detto in giro, temevamo rischias­se qualcosa in più» . In sostanza, la fa­miglia Ravasio ha tirato un bel sospiro di sollievo e da oggi potrà tornare a una vita normale, si spera dopo avere (al­meno) tirato le orecchie a Nicola: «Non vorrei aggiungere altro, non intendo fa­re polemiche - ha poi proseguito il pa­pà del ragazzo - Per noi finisce tutto qui, lasciamo perdere il resto. Sono due giorni che siamo in ballo, noi e Nicola» . Il papà di Nicola non esclude poi di tor­nare ad assistere alle partite allo stadio in futuro: «Bisogna distinguere sempre il bene dal male. Il calcio non è tutto male. L'episodio di mio figlio non ha a che fare con il calcio. È stato un fatto negativo e speriamo che non ne acca­dano più per il bene di tutti».
DALLA CURVA - «La condanna? È giu­sto fare rispettare le leggi ma mi sem­bra un po' esagerata. Si è capito chiara­mente che si trattava di un gesto stupi­do, ma non premeditato: se lo fosse sta­to, non si sarebbe messo ben in vista, in tribuna - è il commento di Fabio Ger­mani, ex ultrà della Ju­ventus e attualmente responsabile dell'asso­ciazione «Italia bianco­nera » - Se il fattaccio fosse successo in cur­va, il ragazzo sarebbe stato punito prima, perchè da tempo c'è l'ordine di non creare alcun disordine nelle nostre curve. For­se la gente non si è accorta che da quat­tro anni non si è più visto lanciare un petardo dalle curve bianconere, men­tre negli altri stadi si continua imper­territi. Questo atteggiamento, ovvero l'autolimitazione dei gesti violenti, è molto più educativo di una condanna giustamente esemplare ma esagerata, perchè quel ragazzo non si è nemmeno reso conto della sciocchezza che stava facendo». Peccato però che dalla «Sci­rea » si siano levati corsi di insulti nei confronti di chi aveva reso possibile l'identificazione di Ravasio.
MULTA - La Juventus è stata multata di duemila euro per quanto avvenuto do­menica.

«La sanzione è stata attenuata
- si legge nelle motivazioni del giudice sportivo - per avere altri sostenitori chiaramente manifestato la propria dissociazione da tale gesto e per avere la società concretamente cooperato con le forze dell'ordine per l'immediata identificazione del responsabile».

Domenico Latagliata/ass
corriere dello sport
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