VITTORIO GREVI: L' "OBBLIGO DI DISTRUZIONE" E' UN'ARMA A DOPPIO TAGLIO

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INES TABUSSO
00martedì 26 settembre 2006 17:52

Corriere della Sera
26 settembre 2006
L'«obbligo di distruzione» un'arma a doppio taglio
di VITTORIO GREVI

Come era prevedibile, sul testo del decreto legge varato venerdì dal consiglio dei ministri in tema di contrasto al fenomeno criminoso delle intercettazioni telefoniche e di altre interferenze illecite nelle private comunicazioni, si moltiplicano le discussioni, al di là del generale consenso per la tempestività e per i contenuti di fondo dell'intervento governativo, promosso dai ministri Mastella ed Amato. Ferma restando l'esigenza sostanziale di evitare che «il marcio dilaghi» (per usare le parole di Prodi), negli ambienti degli operatori della giustizia, si stanno profilando, infatti, diversi dubbi ed interrogativi in ordine ad alcune soluzioni tecniche accolte nel decreto per soddisfare una tale sacrosanta esigenza. Dubbi ed interrogativi che riguardano soprattutto la rigida previsione di un obbligo di «immediata distruzione» degli atti e dei documenti costituenti il risultato delle suddette attività di illecita interferenza, nonché la connessa previsione volta ad escludere la utilizzabilità degli stessi non solo «a fini processuali o investigativi», ma nemmeno come «notizia di reato».
Si tratta di argomenti molto delicati, nei quali l'essenziale esigenza di fare subito «piazza pulita» di materiali documentari ottenuti attraverso una illecita interferenza nelle altrui privacy, siincrocia con l'altrettanto essenziale esigenza di consentire la repressione di gravi delitti, a cominciare da quello perpetrato attraverso la medesima illecita interferenza. E qui, evidentemente, sta la delicatezza di una scelta politico-legislativa sulla quale occorrerà molto meditare, nel momento della conversione in legge del decreto.
Al riguardo è palese che la prima esigenza sarebbe radicalmente soddisfatta grazie al precetto della «immediata distruzione» da parte della «autorità giudiziaria» (meglio sarebbe dire, comunque, del «giudice», quale garante della relativa selezione) dei suddetti materiali illecitamente acquisiti, ed in questo senso parrebbe deporre la formula testuale del decreto legge. Nel quale, peraltro, si lascia intendere che l'operazione di distruzione di tali materiali potrebbe aver luogo soltanto dopo che l'autorità giudiziaria ne avesse accertato la illiceità, ed in ogni caso dopo la redazione di un complesso verbale (necessario ai fini probatori) che ne attestasse la illecita provenienza, insieme ad altri elementi esterni, ma «senza alcun riferimento» al loro «contenuto». In analoga prospettiva, del resto, era stato lo stesso ministro Amato a precisare che il giudice dovrà disporre la suddetta distruzione «quando avrà utilizzato i dossier ai fini del suo procedimento».
Qui è il vero nodo cruciale della questione, che si ricollega anche all'eventuale uso quale «notizie di reato» dei risultati delle intercettazioni illecite, e va ben oltre il caso concreto svelato dalla inquietante rete di attività spionistiche operante, secondo la magistratura milanese, all'ombra dei servizi di sicurezza Telecom. Nessun dubbio che in ipotesi del genere i fascicoli informativi così raccolti per finalità di ricatto debbano venire distrutti al più presto. Tuttavia il problema è più generale - in quanto destinato a riflettersi sull'intero sistema del processo -, e riguarda il quesito se debbano essere sempre e comunque distrutti i risultati di intercettazioni illecitamente eseguite, posto che essi costituiscono «corpo del reato», e possono altresì fornire prove decisive di altri più gravi delitti (specialmente a carico dello stesso soggetto intercettante). Si pensi, per esempio, all'eventualità che nel corso di una indagine per fatti di terrorismo o di mafia, ovvero per rivelazione di segreti, o per abusi di mercato, ci si imbatta in materiali derivanti da intercettazioni illecite operate dagli indagati nei confronti delle loro vittime (di reati già commessi, o ancora da commettere), ovvero nei confronti dei soggetti titolari di informazioni segrete o privilegiate.
Se in queste ed in altre analoghe circostanze i materiali frutto di intercettazioni illecite debbano essere subito distrutti, senza potersene fare alcun uso investigativo o processuale, e neppure come notizia di reato (ciò che porrebbe qualche dubbio anche rispetto al principio costituzionale di obbligatorietà dell'azione penale), è problema che merita una riflessione molto attenta. E che, forse, consiglia di inserire qualche distinzione e qualche modesto correttivo nella troppo drastica previsione del recente decreto legge. La quale, altrimenti, potrebbe perfino condurre, in certi casi, al paradosso di favorire i malfattori e di indebolire la posizione delle parti lese.


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