00 17/10/2008 22:10
Carboncini e acquerelli d'autore



BRESCIA - Oltre la febbricitante e tragica grandezza dei quadri, c'è l'intima e commovente bellezza dei disegni. Oltre la pennellata nervosa e inquieta che riversa colore sulla tela come fosse magma incandescente, c'è il tratto lirico ed espressivo di matite, carboncini e acquerelli. Oltre la famigerata innovazione formale, con quel segno portato al massimo della tensione e dell'energia vitale, c'è il Van Gogh più segreto, quello impegnato nell'appuntare le proprie emozioni, quello attento a riportare nei disegni le atmosfere che sembravano essere in accordo col suo stato d'animo, a ritrarre gli scorci, i volti, tutto ciò che gli sfilava davanti agli occhi in quel panorama di miseria e malinconia contadina e operaia, che tanto ha influenzato la sua iniziale produzione artistica, per poi immergersi nella semplicità esistenziale della propria vita, in balia di conflitti morali e un pizzico di follia. Lo racconta la bella mostra "Van Gogh. Disegni e dipinti. Capolavori dal Kröller-Müller Museum", che va in scena nella stagione autunno-inverno, dal 18 ottobre al 25 gennaio, del Museo di Santa Giulia sotto la direzione artistica di Marco Goldin che mette a segno un altro dei suoi successi annunciati.



Dopo aver indagato tre anni fa lo stretto rapporto artistico e umano tra il grande artista olandese e Paul Gauguin, questa volta il patron di Linea d'ombra, la società con cui organizza mostre blockbuster da mezzo milione di visitatori a botta, punta a rivelare l'aspetto forse meno conosciuto di Vincent van Gogh (1853-1890), la sua produzione su carta, concentrandosi su disegni e acquerelli che in molti casi rappresentano il cuore pulsante, diciamo anche l'anima, dei quadri più noti, oppure appaiono inaspettatamente come lavori autonomi, compiuti, concepiti proprio per la tecnica usata del carboncino o della matita. Una qualità che viene illustrata da ottantacinque opere disegnate, cui si allineano altri venti quadri di impeccabile valore, tutti gioielli provenienti dall'illustre Kröller-Müller Museum di Otterlo, in Olanda, che, unitamente al Van Gogh Museum di Amsterdam, conserva una grande parte dell'intera produzione di Van Gogh, pari a 91 quadri e 175 disegni del pittore olandese, la più grande collezione privata di Van Gogh nel mondo (esclusa naturalmente quella della famiglia Van Gogh).

Per dare la misura di questo patrimonio, basti pensare che in quel 27 luglio del 1890, quando si tirava un colpo di pistola, morendo due giorni dopo assistito dall'amato fratello Theo, più giovane di quattro anni (che gli sopravvisse però di pochi mesi), Van Gogh lasciava ad un'umanità, ancora profondamente inconsapevole che fino ad allora non ne aveva comprato quasi niente, un patrimonio di circa ottocento quadri e quasi altrettanti fra disegni e acqueforti. D'altronde il pittore olandese, metà monaco, metà artista, tra studi di teologia ed esperienze radicali di estrema miseria sociale, che scelse la via dell'arte per esprimere tutti i suoi fallimenti nelle professioni borghesi e le sue speranze, era l'artista preferito di Helene Kröller-Müller, che grazie alle disponibilità economiche del marito costruì una delle collezioni di pittura e scultura più prestigiose d'Europa, dove, grazie all'aiuto del suo consulente H. P. Bremmer, accumulò quasi dodicimila opere d'arte, donata allo Stato olandese nel 1935 per farne un vero e proprio museo, aperto e a lei intitolato nel grande parco nazionale olandese di Hoge Veluwe, a un'ora e mezza dalla capitale. "Il valore di Van Gogh non sta nei modi dell'espressione, nella sua tecnica ma nella sua umanità, grande e nuova. Egli ha creato il nuovo espressionismo", diceva Helene dopo averlo accuratamente studiato. E il 13 aprile 1912, in occasione dell'acquisto di cinque opere di Van Gogh, tra le quali lo straordinario "Uliveto", che spicca nel percorso della mostra, scriverà al suo giovane confidente Sam van Deventer a proposito di questo quadro: "Ma il più bello è un uliveto, un grande quadro completo, delicato e profondo. Non posso descriverlo ma per molti è il più bello di tutti, perché non c'è niente in esso che crei il minimo disturbo".

In questo taglio inedito, dunque, la rassegna espositiva spicca per essere la prima organica mostra mai dedicata in Italia a questa parte dell'attività di Van Gogh, che attraversa comunque tutti i periodi del suo lavoro. Da quello iniziale nella regione mineraria belga del Borinage, dove arrivò da evangelizzatore laico e maestro supplente, e dove lavorò in mezzo a gente poverissima, ma anche dove cominciò a produrre i suoi primi disegni (1878-1880), al soggiorno a Bruxelles (1880), dove conobbe il pittore Anton van Rappard, con cui intreccerà un fitto rapporto epistolare, eccezionale documento, insieme alle lettere per il fratello Theo, di umanità e modernità intellettuale. Qui realizzò solo disegni, schizzi di particolari e molti studi ispirati ai quadri di Millet, il cui realismo un po' sdolcinato gli offriva temi a lui assai congeniali, fatti di un'umanità tragicamente legata alla terra, semplice e spettrale nelle sue attività, come le "Donne che raccolgono patate", o "Contadino con zappa". Emerge quel mondo contadino costruito a suon di tonalità scure capace di suscitare un forte senso di malinconia. E poi Etten, per un breve felice ritorno nella casa paterna (1881) e dopo la parentesi della relazione con la prostituta Sien, al fondamentale tempo trascorso all'Aia (1882-83) dove si stabilì in un atelier finanziato da Theo, e sotto la guida del cugino pittore Anton Mauve, elabora una sua concezione personale di pittura, con il suo modo pastoso di stendere il colore, con la tendenza ad accentuare gli strati paralleli, e il virtuosismo nel variare le tonalità.

Fino a Drenthe nell'Olanda nord-orientale, e al meraviglioso e copiosissimo periodo di Nuenen (1884-1885), dove il rapporto con la pittura comincia a diventare più intenso, e dove venne concepito il suo capolavoro patetico de "I mangiatori di patate". Un soggiorno, questo, decisivo per la sua formazione artistica, dove disegnò con una frenesia e disciplina quasi maniacale, contadini, tessitori, il cimitero, la chiesa, le capanne, le stanze, gli oggetti d'una vita semplice. E' questa fase olandese, d'iniziazione e individualità legata al proletariato campagnolo sottilmente malinconico che sopravvive ai margini della società, che sfila nella mostra, e che lascia brillare in quelle braccia troppo corte, nei visi gonfi e nelle proporzioni apparentemente sbagliate, quel canone inedito di bellezza nutrito da Van Gogh. Sfilano quegli uomini che belli certo non erano, ma impersonavano il suo ideale del vero. Un'estetica figurativa che sembra voler cogliere la concretezza della realtà e allo stesso tempo darne un commento personale e disamorato. E si arriva al periodo francese.

A Parigi, l'artista sbarca nel marzo del 1886 raggiungendo il fratello, e dove rimarrà per due anni assaporando la grande rivoluzione dell'impressionismo e l'esotismo dell'arte giapponese, scoprendo il colore della vita quotidiana. I colori si accendono e si trasfigurano nella loro pastosità, i contrasti tonali si acuiscono. Fino al Mezzogiorno della Francia, ad Arles, Saint-Remy, Auvers-sur-Oise (1888-90), periodo fitto di contrasti tra brevi felicità e rapide crisi, tra la "casa gialla" che divise con Gauguin, il gesto disperato contro il suo orecchio, che si tagliò per la rottura con l'amico e collega, l'internamento in ospedale, ma anche l'amore del fratello e l'amicizia del dottor Gachet. Tutto disegnato nei suoi cipressi tormentati come esseri umani, nei suoi roseti convulsi, nei ritratti disperati e miti, in campi di grano sotto cieli di piombo, nelle nature morte desolate. Disegni che diventano, come dice Goldin, il suo "diario dell'anima".

Notizie utili - "Van Gogh. Disegni e dipinti. Capolavori dal Kröller-Müller Museum", dal 18 ottobre al 25 gennaio, Museo di Santa Giulia, Via dei Musei, 81, Brescia.
Orari: lunedì-giovedì e domenica ore 9-19, venerdì e sabato ore 9-20
Ingresso: intero €10, ridotto €8
Informazioni: call center 0422429999
Catalogo: Edizioni Linea d'ombra