00 19/12/2008 21:48
Viva l'Italia, paese futurista. Alla soglia del centenario della portentosa avanguardia che forse più di ogni altra espressione creativa ha segnato il debutto del made in Italy, una piccola grande mostra ne celebra il carattere "transnazionale". Senza focalizzare un unico nucleo intrepido di fermenti artistici e culturali, che la tradizione ha sempre visto nella città di Milano, in gemellaggio con la Roma istituzionale, la rassegna "Futurismi", visitabile fino al 26 aprile al Centro Saint-Bénin, tenta di leggere tutti i caratteri regionali di un movimento nato ufficialmente in quel 20 febbraio del 1909 quando il guru Filippo Tommaso Marinetti ne pubblicava il manifesto rivoluzionario e dissacratorio in francese su Le Figaro, che squarciava con una furia estetica e lessicale la culla della tradizione figurativa.



"La critica ha spesso accusato di provincialismo i gruppi futuristi sorti tra gli anni Venti e Trenta - commenta il curatore dell'evento Claudio Rebeschini - dimenticando, invece, l'apporto attivo che hanno dato alla crescita di una coscienza artistica italiana dove, accanto a centri storicamente consolidati come Milano, Roma, Torino, Napoli, si trovano originali realtà come Gorizia, Savona, Padova, Macerata, Palermo. La presenza attiva dei gruppi futuristi nei cosiddetti centri minori è stata, solo in questi ultimi anni, ricollocata in una giusta dimensione riconoscendo, a questi, quel ruolo innovatore e propulsore che sarebbe stato difficilmente possibile avere in un'Italia costretta dalle strutture dell'ufficialità corporativa dell'onnipresente Sindacato artisti".

La mostra, che inaugura gli eventi celebrativi dedicati al Futurismo che si articoleranno per tutto il 2009 nei principali musei italiani, anticipa la riflessione sul movimento carismatico che ha avuto l'audacia di polemizzare contro il tradizionalismo culturale e il "passatismo", per usare un termine marinettiano, benpensante e borghese, inneggiando invece l'ideologia della parola e del gesto anticonformista, il culto della città industrializzata, il mito della velocità, del dinamismo, dell'energia elettrica, e soprattutto portando all'estrema formula stilistica i principi della scomposizione del colore e della forma figurativa preannunciati dai colleghi postimpressionisti e divisionisti. La mappatura di un'Italia futurista, quella che, a detta del curatore, è riuscita a spronare più di ogni altro ad una coscienza nazionale dopo il Risorgimento, viene raccontata attraverso una quarantina di dipinti, per la maggior parte ad olio, arricchiti da una trentina di bozzetti, provenienti da collezioni private e da istituzioni museali di arte contemporanea quali il Mart di Rovereto.

Una indagine che ovviamente deve abbracciare quella separazione cronologica tra primo futurismo "eroico" e secondo futurismo segnato da il famoso manifesto "Ricostruzione futurista dell'universo", firmato l'11 marzo 1915 da Balla e Depero, "opera che sanciva - avverte Rebeschini - in maniera definitiva, il carattere totalizzante del Futurismo che, con la sua innovata creatività, interveniva in maniera pregnante sulla quotidianità". Per continuare, nel settembre del 1929, col Manifesto dell'Aeropittura. Recitavano Depero e Balla che "Ogni azione che si sviluppa nello spazio, ogni emozione, sarà per noi una intuizione di una scoperta". Ecco allora che per la prima volta venivano chiaramente individuati i limiti dell'esperienza pitturocentrica del cosiddetto Futurismo eroico o Primo Futurismo caratterizzati da Boccioni e Balla, per allargare l'esperienza futurista ad ogni velleità creativa, fosse essa poesia, letteratura, pubblicità, scultura, moda, pittura, musica, cucina. La versatilità di una concezione artistica che ne ha segnato, nel bene e nel male, tra fortuna critica e rilettura, la storia.

Passando inevitabilmente per le due guerre mondiali che gradualmente ne hanno stemperato, o meglio trasfigurato, tutto il credo "interventista" iniziale. Senza dimenticare la morte troppo prematura di due figure basilari come il geniale Boccioni e il visionario architetto Sant'Elia. In mostra si ripercorrono le varie personalità futuriste, a testimoniare fermenti locali e globali. I futuristi ci sono quasi tutti, Fillia, Enrico Prampolini, Fortunato Depero, Leonardo Dudreville, Tullio Crali. Dando spazio soprattutto alla straordinaria figura di Depero, che appare come l'anello di congiunzione tra il primo e il secondo Futurismo.

Quando Roma sostituisce Milano - nel 1925 Marinetti vi si trasferisce definitivamente - prendono vigore i nuovi regionalismi dove si accentrava un'intensa attività artistica. E la mostra ricostruisce le varie situazioni locali vivaci che costituiscono un nuovo modo di essere della provincia italiana ma che, a detta del curatore, rappresentano soprattutto un elemento di riferimento per una rinnovata cultura artistica. In un panorama inedito di una quarantina di artisti, ecco sfilare i giuliani con Carmelich, Sanzin, Crali. I padovani con Dormal e De Giorgio, i veronesi con Ambrosi e Di Bosso, i milanesi con Prampolini, Delle Site, Munari e Andreoni. Per non dimenticare la continuità dei torinesi con Fillia, Oriani, Pozzo, gli emiliani con Caviglioni e Tato, Thayaht e Marasco a Firenze, Benedetto a Roma, i marchigiani con Pannaggi e il giovane Tulli e i siciliani D'Anna e Corona.

Notizie utili - "Futurismi", dal 28 novembre al 26 aprile, Centro Saint-Bénin, Via Festaz, 27. Aosta
Orario: tutti i giorni dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18.30.
Ingresso: € 3 intero, € 2 ridotto (integrato alla mostra "Memorie del Grand Tour" presso il Museo Archeologico Regionale: € 6 intero, € 4 ridotto).
Informazioni: tel. 0165272687.
Catalogo: Skira